La solitudine del Papa nella Chiesa dei corvi
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Un grande scrittore, Chesterton, aveva scritto un romanzo interessante, “La sfera e la croce”, recentemente ripubblicato, in cui descriveva la lotta tra l’ateo e il credente, che si erano sfidati a duello. In calce [1] troverete la trama del racconto.
Tutto il mondo dei benpensanti ha sempre voluto impedire questo duello, ritenendo inutile ogni confronto. Leggere Augias è ritrovarsi in questo soffocante clima culturale: è come stare di fronte a chi sa già tutto, a chi, obnubilato dalla sua saccenza, non è più in grado di vedere la realtà, e nemmeno l’umanità di chi gli sta di fronte.
La sua risposta su Repubblica alla lettera di Alessandro Loppi [2] gronda di banalità, luoghi comuni, tracotanza, superficialità.
Non sarebbe meglio mettersi a confronto con chi pone le domande vere? Ogni domanda, ho imparato dai miei maestri, è segno di un cuore in ricerca, e merita seria attenzione. E la risposta è sempre occasione di un cammino comune.
Peccato che, anche questa volta, Augias perda l’occasione di mostrarsi all’altezza della situazione.
Al suo interlocutore vorrei ricordare le parole dell’allora Card. Ratzinger [3], nella Conferenza tenuta la sera di venerdì 1 aprile 2005 a Subiaco, al Monastero di Santa Scolastica, quando ha ricordato all’uomo di oggi di agire e pensare “etsi Deus daretur”. Con umile drammaticità il lettore di Augias ha detto che, se sapesse pregare, lo farebbe volentieri: bene, che ci provi, con semplicità. Gli posso assicurare che i frutti non mancheranno.
[1] La storia è presto detta: come in un poema dove ci si batte per l’onore dell’amata, il cattolico Evan Mac Jan sfida all’arma bianca l’ateo James Turnbull, reo di aver pubblicato un articolo carico di basse insinuazioni sulla verginità della Madonna. Turnbull accetta subito e ringrazierebbe Dio, se ci credesse, perché finalmente ha incontrato qualcuno per cui esistono ancora il vero e il falso, le idee hanno peso e le conseguenze tagliano come il filo di una lama.
Ma la grigia e torpida Londra ha un sentire tutt’altro che epico e blocca i due sfidanti ogni volta sguainano le spade. Costretti a una fuga continua, il romanzo – come già L’osteria volante e L’uomo che fu Giovedì – si trasforma in un rocambolesco susseguirsi di avventure on the road tra inseguimenti, storie d’amore, incontri inquietanti e ostacoli sempre maggiori, fino allo scontro con il mondo intero! A scendere in campo, infatti, sarà niente meno che il dottor Lucifero, con un vascello volante che pare uscito da Peter Pan e una clinica fin troppo simile a un campo di rieducazione: una «reclusione scientifica» dove nulla manca al benessere degli imprigionati, a parte lo scopo delle loro azioni.
Tutto per cancellare ogni traccia del duello e della questione che ne è alla base: esiste una qualche verità? E, se esiste, potrà essere tanto importante da giustificare che ci si batta per essa? Nella comune lotta per la sopravvivenza delle domande, Mac Jan e Turnbull, il fanatico e il razionalista, impareranno a stimarsi fino a considerarsi fratelli, «fratelli d’arme».
E mentre la compiaciuta autoreferenzialità del dottor Lucifero si esprime nella chiusa perfezione della sfera, l’infinito scontro tra i due contendenti si rispecchierà in quell’«eterna contraddizione» che è la croce, con le sue linee che si aprono in ogni direzione e custodiscono nel mezzo Colui che venne a portare la spada (Mt 10,34). Colui che chiese di prendere posizione. Chesterton posizione la prese praticamente su ogni argomento e così pure i suoi più cari nemici-amici. E abbracciò i suoi rivali, anche se sparò a vista alle loro idee. Una lezione che gli ha guadagnato la stima di tutti e che ancora oggi risplende fino a noi.
[http://www.labussolaquotidiana.it/ita/articoli-la-sfera-e-la-croce-194.htm]
[2] «Caro Augias, da ateo, ho pena di questo Papa, perlomeno per la figura che sta uscendo dalle inchieste. Non ho grande simpatia per lui, né per il precedente; però vedere che in Vaticano dominano le stesse piccinerie umane, quella brama di potere così prepotente, questa lontananza dalla freschezza del Vangelo e della figura di Gesù, mi riempie di amarezza. A me piacerebbe “sfidare” la Chiesa in ambiti più consoni: della filosofia, della morale, dell’ingerenza continua nelle nostre umane quotidianità. Queste contraddizioni terrene e poco edificanti restituiscono un’idea di Chiesa in crisi di identità da più tempo di quanto non appaia, di mancanza di forza e di strategia, di disattenzione per il ruolo di guida spirituale che dovrebbe avere. Non vorrei incorrere nell’errore sciocco di dire che in fondo è questa la vera Chiesa che un ateo si aspetta e che biasima, una Chiesa che brandisce una croce che non le appartiene strumentalizzata a fini politici o “bancari”. Mi viene voglia di pregare per questo uomo così solo e ridicolizzato. Non so come si prega, ma se lo sapessi lo farei.
Alessandro Loppi - minimale@gmail.com»
[3] Nell’epoca dell’Illuminismo si è tentato di intendere e definire le norme morali essenziali dicendo che esse sarebbero valide etsi Deus non daretur, anche nel caso che Dio non esistesse. Nella contrapposizione delle confessioni e nella crisi incombente dell’immagine di Dio, si tentò di tenere i valori essenziali della morale fuori dalle contraddizioni e di cercare per loro un’evidenza che li rendesse indipendenti dalle molteplici divisioni e incertezze delle varie filosofie e confessioni.
Così si vollero assicurare le basi della convivenza e, più in generale, le basi dell’umanità. A quell’epoca sembrò possibile, in quanto le grandi convinzioni di fondo create dal cristianesimo in gran parte resistevano e sembravano innegabili. Ma non è più così. La ricerca di una tale rassicurante certezza, che potesse rimanere incontestata al di là di tutte le differenze, è fallita. Neppure lo sforzo, davvero grandioso, di Kant è stato in grado di creare la necessaria certezza condivisa. Kant aveva negato che Dio possa essere conoscibile nell’ambito della pura ragione, ma nello stesso tempo aveva rappresentato Dio, la libertà e l’immortalità come postulati della ragione pratica, senza la quale, coerentemente, per lui non era possibile alcun agire morale. La situazione odierna del mondo non ci fa forse pensare di nuovo che egli possa aver ragione? Vorrei dirlo con altre parole: il tentativo, portato all’estremo, di plasmare le cose umane facendo completamente a meno di Dio ci conduce sempre di più sull’orlo dell’abisso, verso l’accantonamento totale dell’uomo. Dovremmo, allora, capovolgere l’assioma degli illuministi e dire: anche chi non riesce a trovare la via dell’accettazione di Dio dovrebbe comunque cercare di vivere e indirizzare la sua vita veluti si Deus daretur, come se Dio ci fosse. Questo è il consiglio che già Pascal dava agli amici non credenti; è il consiglio che vorremmo dare anche oggi ai nostri amici che non credono. Così nessuno viene limitato nella sua libertà, ma tutte le nostre cose trovano un sostegno e un criterio di cui hanno urgentemente bisogno.