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“A cosa serve l’IRC?”

Fonte:
CulturaCattolica.it
“Si parla di «fede adulta», cioè emancipata dal Magistero della Chiesa. (…). Ma il risultato non è una fede adulta, il risultato è la dipendenza dalle onde del mondo, dalle opinioni del mondo, dalla dittatura dei mezzi di comunicazione, dall’opinione che tutti pensano e vogliono. (…) La vera emancipazione è proprio liberarsi da questa dittatura, nella libertà dei figli di Dio che credono insieme nel Corpo di Cristo, con il Cristo Risorto, e vedono così la realtà, e sono capaci di rispondere alle sfide del nostro tempo”.
(Benedetto XVI, Incontro con i parroci di Roma, 23 febbraio 2012)

Frasi carpite casualmente e una domanda: “A cosa serve l’IRC?”
Al bar per un caffè. Sul tavolino accanto, tre colleghe di altri Istituti superiori, tutte docenti di IRC. Ci salutiamo, mentre, sorseggiando il caffè, sfoglio velocemente il quotidiano. Sento che si confrontano sui programmi, sui film che hanno fatto o stanno facendo vedere ai ragazzi. Una racconta che per due mesi, in classe, dopo gli incontri di educazione sessuale promossi dalla scuola, ha affrontato il tema dell’aborto, ma che siccome non voleva toccare corde sensibili, è – parole sue – “intervenuta pochissimo”, ha preferito “fare un passo indietro” e si è limitata al brainstorming. Concretamente, ha raccontato alle colleghe che ha diviso la classe in piccoli gruppi e ha assegnato delle ricerche; i ragazzi hanno portato materiale ed hanno esposto i loro lavori, così insieme hanno analizzato la legge 194, hanno sottolineato i pro e i contro (?), “tutti hanno ascoltato le opinioni di tutti e nessuno si è sentito escluso”.
Mentre gli occhi scivolano sulle notizie del quotidiano, le orecchie non possono non ascoltare, e così sento che le insegnanti si confrontano sul fatto che è sempre più difficile rapportarsi ai ragazzi, che occorre un nuovo stile comunicativo, che in classe funziona se il docente fa “sintesi”, valorizzando i singoli contributi e rispettando l’opinione (e ridagliela!) di tutti, e che è bene, durante le ore di IRC, non parlare troppo, ma dare spazio ai ragazzi, che affrontino liberamente, da tutti i punti di vista possibili, argomenti legati alla loro età, alla loro sensibilità.
Prosegue, il discorso, e capisco che, allo stesso modo, un’altra ha affrontato il tema dell’eutanasia: sei ore per vedere il film scelto dagli studenti Million Dollar Baby di Clint Eastwood e discuterne insieme (quali le conclusioni, dato l’impatto emotivo e il “taglio” scelto per il film, facile immaginare…); un’altra, lo scorso anno, racconta che ha approfondito il tema del volontariato e alla fine ha organizzato, insieme ai ragazzi, un banchetto di raccolta fondi per Emergency.
Conosco le tre colleghe e a questo punto non posso non dire che, senza volerlo, ho ascoltato, e che qualcosa (eufemismo) di ciò che si son dette non mi torna. No, proprio non mi convince.
A proposito dell’aborto, chiedo più esplicitamente che ruolo ha svolto l’insegnante di IRC, se ruolo c’è stato, e, in sintesi, capisco che sì: alla fine la prof. ha detto ai ragazzi che per la Chiesa la vita è sacra e che – come del resto avevano già spiegato gli “esperti” al corso di educazione sessuale – è meglio prevenire che ricorrere all’aborto, e quindi prendere precauzioni, che di metodi contraccettivi ce n’è a iosa.
Racconto che da poco ho letto una bella intervista a Carlo e Maria Teresa Finulli, genitori felici di sette figli. Dopo l’ultima nata, Maria Teresa ha avuto una nuova gravidanza. Sapeva che i due bambini non ce l’avrebbero fatta, ma ha voluto comunque partorirli. Un noto ospedale cattolico milanese premeva perché interrompesse la gravidanza e, a fronte del no secco dei genitori, i medici han chiesto se la loro opposizione fosse dettata da motivi religiosi. “Niente affatto – la risposta – vogliamo solo non uccidere i nostri figli”.
Mi chiedo e chiedo alle colleghe se non sia ora di chiamare le cose con il loro nome; se quei sessanta minuti, preziosissimi, che riguardano oltre il 90% degli studenti che hanno deciso di avvalersi dell’IRC, non debbano essere un’occasione in cui per i ragazzi sia possibile non solo ascoltare “opinioni”, ma incontrare una presenza che sia testimone di Verità e se in quei sessanta minuti il compito, pur accettando di affrontare temi proposti dai ragazzi, non sia richiamare il Vangelo, il magistero del Papa, la Tradizione.
Mentre continuiamo a parlare e dico che magari si poteva mettere a confronto il film di Eastwood con My Life di Bruce Joel Rubin, tanto per fare un esempio, e che – con tutto rispetto per Emergency – esperienze di volontariato cattolico non mancano, né missionari, e che durante l’ora di IRC forse si sarebbe potuto pensare ad una testimonianza di chi svolge opere di carità in nome di Cristo e non solo per filantropismo, vedo che una collega, probabilmente irritata per quello che percepisce come un intervento non richiesto, sfila dalla borsa in cui tiene libri e registro un fascicoletto che mi porge con l’idea di regalarmelo nella speranza (vana) di tapparmi, così, la bocca.

Chicercatrova (se non viene depistato)
Dieci facciate. La relazione ad un incontro promosso dal Centro culturale cattolico Chicercatrova, tenuta a Torino il 21 marzo scorso dal professore (che non conosco) Giovanni Ferretti, e che scopro essere (...sic!) anche sacerdote. Titolo: “Quale Dio per il mondo d’oggi”. Tutte e tre le colleghe mi consigliano caldamente la lettura, perché “illuminante”. Mi fido, ma siccome dieci facciate non si leggono al bar in pochi minuti, chiedo una sintesi. Eccola. Me la fa l’insegnante che mi ha dato il testo, già sottolineato nelle parti per lei essenziali. “Dio è parola abusata, che suscita reazioni diverse, che spesso è stata ed è giustamente contestata, per cui è necessario scoprire e incontrare una fede nuova nel vero e autentico Dio, ad esempio rileggendo la Bibbia con spirito critico e vedendo l’umanità di Gesù, il volto umano di Dio, perché Gesù – la collega segna col dito le righe della citazione, per cui la trascrivo – è stato e si è presentato e anche sociologicamente è stato colto come un Uomo di Dio (…). Anche vivendo come Figlio di questo Dio ha cercato di far vedere cosa voleva dire essere credente in Dio, vivere da Figlio di Dio”. Continuo, a questo punto trascrivendo letteralmente. “E’ questo ‘essere per gli altri’, è questo gesto di amore per l’altro che è segno della presenza di Dio: Dio è là dove uno si prende cura dell’altro (…). Anche il giusto atteggiamento di non violenza o la giusta pratica di non violenza, anche quella portata avanti ad esempio da Gandhi, in questo è molto in sintonia col Vangelo, e forse facendola imparare anche ai cristiani che non l’avevano abbastanza vista nel Vangelo, la non violenza non è lasciare che il male faccia il male (…). Le vie alternative sono quelle per esempio della denuncia del male, della falsità, dei soprusi (…) lo stile della accoglienza di tutti…”.
Ci fermiamo qui, al bar, ma continuo la lettura a casa e i conti che non tornavano cominciano a tornarmi, almeno per ciò che concerne le lezioni di IRC così come vengono impostate dalle sopraccitate colleghe (e purtroppo non solo da loro).
Se queste docenti seguono Ferretti e la sua idea che Dio va “ripensato”, ora capisco perché, nella rilettura critica, non è indispensabile durante le ore di IRC aver presente e seguire il Catechismo della Chiesa cattolica, e neanche i Vangeli, e neanche il Magistero, e neanche la Tradizione. La Verità non esiste, va ripensata pure lei e ben vengano, dunque, nell’ora di IRC (che significa Insegnamento della Religione Cattolica) tutte le opinioni. Specialmente quelle “non-cattoliche” perché meno inquinate, più genuine, più nello “stile di accoglienza di tutti”, tanto in linea col vangelo secondo Ferretti.
Se cristiano non è chi segue Cristo come Via Verità e Vita ma chi genericamente manifesta amore per l’altro, ora capisco perché per parlare di eutanasia è ritenuto perfetto Million Dollar Baby, in cui Frankie, per “compassione” nei confronti dell’adorata giovane Maggie (Mo Cùishle, “mio sangue”, “mio tesoro”) le spegne il respiratore e le somministra adrenalina per darle la “dolce morte” che voleva.
Se i cristiani non hanno – loro – nessuna Buona Novella da annunciare al mondo, ma è necessario vadano a lezione da chi concretamente si impegna nel sociale, allora comprendo il banchetto di vendita torte per Emergency, i pullman che partono per andare ad ascoltare il Dalai Lama ogni volta che passa di qua e la partecipazione a tutte-le-conferenze-tutte, a patto che non venga nominato Dio (il di Cui Nome a questo punto – dixit Ferretti – è diventato impronunciabile, ed evidentemente politically scorrect).
Se… Se il filosofo, teologo, direttore, preside, docente universitario, scrittore (e anche prete…sic!) Ferretti venisse preso alla lettera, allora non è vero che Chicercatrova. Non troverebbe proprio nulla. Non troverebbe nulla (o troverebbe il nulla, che poi è lo stesso) il Centro culturale torinese che ha promosso l’incontro, chi legge la dispensa, e anche gli studenti che seguono i docenti che seguono Ferretti e… “quelli come lui”.
Manca, nelle dieci pagine che ho letto con cura, qualsiasi riferimento alla Trinità, all’Incarnazione, alla Rivelazione, alla Croce e alla Resurrezione. Manca la Buona Novella: luce in questo mondo di tenebre. Manca qualsiasi accenno alla fede. Manca l’idea di missione, di testimonianza, di evangelizzazione. Manca la risposta alla domanda che ha dato titolo alla conferenza: “Quale Dio per il mondo d’oggi”.
Ventesimo capitolo de I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni. L’Innominato, nella notte più lunga della sua vita, si pone mille domande, dilaniato dal travaglio interiore, quando una voce potente, dentro, gli dice “Io sono però”.
Ieri, oggi, domani, sempre. “Io sono però”. Sempre Lui: Uno e Trino. Da duemila anni.
Alla faccia delle elucubrazioni dottissime e delle “necessarie revisioni” di Ferretti (“don” Ferretti… sic!).

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