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Siamo tutti in attesa

Fonte:
CulturaCattolica.it
Tutti attendono qualcosa. Tutti, come me, stanno attendendo una risposta

Le mille declinazioni della Vita Cristiana, a Roma, in mezzo al ribollire martellante del mondo e del secolo, rifulgono e si rifrangono in mille sfaccettature, ognuna della quali mostra come il Cristianesimo possa avere dimora in qualunque piega della vita. In pressante, stringente bisogno di pregare ho passato la sera del Giovedì Santo in veglia per le chiese di Roma. I mille volti di Dio, i mille volti della Grazia, i mille modi di domandarGli e di guardarLo.

Sant’Atanasio dei Greci. Chiesa Cattolica di Rito Bizantino. Nel tardo pomeriggio vi giungo trafelato dopo il lavoro. Dal luccichio profano di via del Babuino l’odore avvolgente d’incenso mi comunica pace. Mi inchino, mi segno con le tre dita. In fondo splende l’iconostasi, un brandello dorato del misticismo orientale incastonato nella razionalità cinquecentesca. Gli studenti del Collegio Greco, provenienti da dodici paesi di Rito Orientale, cantano instancabilmente nel transetto sinistro. La pronunzia moderna e la salmodia mi fanno afferrare discontinuamente le parole greche, riportando alla memoria i brani di Vangelo che a suo tempo tradussi (Hagìos Pnévma, Christòs, Thànatos, Pìstis, Uranos….). I celebranti si alternano al leggio posto innanzi all’iconostasi nella lettura dei “Dodici Vangeli” della Passione.
Prego ardentemente, contemplo.
Dopo il Quinto Vangelo la chiesa piomba in completa oscurità. Dalle Porte Sante sortisce il Crocefisso dipinto, seguito dalle immagini della Madonna e di San Giovanni. Il celebrante guida la processione per la chiesa completamente oscura, tiene in una mano una candela, l’unica fonte di luce, e nell’altra il testo della preghiera. La intona mestamente; non è giovane, ma la canta con voce ferma e potente. Mi inchino commosso, quasi ansimante, al passaggio della Croce. Essa viene posta innanzi all’iconostasi e la lettura dei Vangeli della Passione riprende.

Esco. Mi dirigo alla Messa In coena Domini alla Basilica dei Santi Apostoli. Arrivo che l’aula è già piena. Lo splendore barocco della basilica è attutito dalla disposizione della chiesa che già preannunzia il Venerdì di Passione, coi suoi grandi lampadari settecenteschi spenti. Alla Consacrazione il solenne Canone Romano ripercorre la storia della Salvezza, e in esso risuonano, insieme alle parole delle Scritture, i nomi dei Santi, Coloro che dopo la Salvezza, vivendo in questo mondo, principiarono a vivere il Paradiso.
Prego devotamente, mi inchino.
Gli occhi trepidanti di ciascuno seguono il celebrante che trasporta lentamente il Santissimo nella cappella laterale, mentre la sapienza di San Tommaso si dispiega nella sua concisa potenza nel Pange Lingua, tante volte da me udito nel corso della Settimana Santa.

Vado verso San Pietro. Sono trasportato per una Roma tranquilla, la gente si muove senza fretta, le luci si mostrano accoglienti senza gloria. Varcato il Tevere, appena prima di via della Conciliazione, scorgo il portale aperto di una piccola chiesa. Vi entro. Tre frati in saio azzurro stanno vegliando davanti al Santissimo, riposto sul lato sinistro. Due sono palesemente orientali, forse giapponesi, un terzo ha la pelle nera. Uno dei primi recita il verso di un salmo, l’ultimo gli risponde in sicuro latino. Mi inchino davanti al Santissimo. Intorno a me la chiesetta è illuminata da una luce molto chiara, le immagini velate, le panche spostate, rivolte verso il Tabernacolo laterale.
Prego disarmato, chiedo.
Il mio respiro pesante è scandito dal limpido latino dei frati azzurri dietro di me. Mi accorgo che alcuni inglesi, o americani, sono entrati e si sono inchinati a pregare. Si inchinano in adorazione anche i frati. Alcuni dei fedeli escono. Entrano rispettosamente degli scout. Mi segno, abbasso il capo ed esco.

Imbocco via della Conciliazione, la gloria di San Pietro mi si fa prossima. Troppa malinconia, i ricordi, l’aria, il racconto della Passione, la preghiera, Sant’Ambrogio, l’Immacolata, tutto mi si sovrappone. Accosto a Santa Maria in Traspontina, a metà via. Un rotondo carmelitano è sulla scalinata ad accogliere i fedeli, sta scambiando qualche parola con una coppia. All’interno le volte della chiesa, le profonde cappelle laterali sono fittamente scure, solo la cappella a sinistra, ove è riposto il Santissimo, rifulge in un tripudio di luci che si rifrange tra arzigogoli barocchi. Gente inchinata sulle panche davanti al Santissimo a pregare. Nella cappella all’estremità opposta, una ricca statua della Vergine è in penombra, riceve luce dalla sola cappella del Tabernacolo. Tre donne amerinde, voltando le spalle al Santissimo, La stanno pregando inginocchiate.

Finalmente mi rendo conto che è tutta Roma che veglia stanotte, in tutte le chiese di Roma si sta pregando. Si sta pregando in tutte le chiese della Cristianità. Greci, ucraini, rumeni, ungheresi, russi, italiani, inglesi, tedeschi, giapponesi, africani, sudamericani. Tutti attendono qualcosa. Tutti, come me, stanno attendendo una risposta.

Passo davanti a Sant’Andrea della Valle. Vi entro. L’immensa aula è nella penombra. Molto è illuminato, molto è scuro. Il grande pavimento è lucido, le forme e i colori sembrano usciti da un sogno, i volumi, i pieni e i vuoti ai lati, sfuggono alla mente. Il tutto sembra fatto apposta per mostrare ciò che è il cammino umano. Del grande affresco di Sant’Andrea crocefisso dietro l’altar maggiore si intravedono solo i contorni, i marmi delle pareti sono chiari, i colori sono splendenti, eppure, come accade, tutto resta indistinto. Il solo punto di luce è il transetto sinistro. In un profluvio di teli bianchi che avvolge tutto lo spazio, al centro, il Tabernacolo. Un punto dorato tuffato nel candore, il solo punto chiaro.
Lo guardo solo. Non prego, non chiedo. Lo guardo.
Vado all’uscita. Presso l’acquasantiera un sacerdote mi sorride. È alto e magro, di mezza età, probabilmente irlandese. Vi scambio qualche parola: è fermo ma accogliente. Gli chiedo di benedirmi. Mi inchino abbassando il capo. L’immensa navata è lucida e vuota. Egli pronunzia la benedizione e nello spazio traccia sopra di me il Segno di Croce.

Esco infine nella notte, in cui mille e mille stanno vegliando in Cristo.

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