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Frutti nel cammino

Fonte:
CulturaCattolica.it
“Trova il bello in tutto ciò che puoi: la maggior parte degli uomini non sa trovare abbastanza il bello (…) Non abbiamo bisogno che dell’infinito e del miracoloso ed è giusto che l’essere umano non si accontenti e non sia soddisfatto finché non li avrà conquistati. Questo è quanto hanno espresso nelle loro opere tutti i grandi uomini, coloro che hanno scavato più a fondo e cercato e lottato e amato più degli altri, coloro che hanno scandagliato il fondo del mare della vita. Immergerci nel profondo, questo è ciò che dobbiamo fare se vogliamo pescare qualcosa e anche se a volte dobbiamo lavorare per tutta la notte senza prendere nulla, non è giusto arrendersi, ma gettare nuovamente le reti al mattino (…) Nous sommes aujourd’hui ce que nous étions hier, e cioè uomini onesti, uomini che devono essere provati dal fuoco della vita per fortificarsi e trarre sicurezza ed essere, con la grazia di Dio, quello che sono per natura”.
(V. van Gogh, Lettere a Theo)

Mi sento piccola piccola, oggi, tra Vincent van Gogh e Francesca, ex allieva, il cui incontro ha reso più ricco il mio cuore. Non ruberò spazio: desidero solo ascoltare.
Il pittore olandese, che spesso ci ha tenuto compagnia negli anni del liceo, ci rammenta cosa, nella vita, conta davvero.
Le parole di Francesca, brezza di primavera per gli studenti suoi coetanei, riempiono di senso la nostra presenza in classe, il nostro impegno quotidiano.


Oggi mi è salita una gran nostalgia del liceo. Si tratta, però, di una nostalgia piacevole perché so di aver vissuto a pieno i miei anni di scuola, cercando di imparare da tutto e da tutti. Mi piacerebbe gridare al mondo degli studenti di non scivolare nella quotidianità, vivendo in monotonia gli anni di scuola, ma, al contrario, di lasciarsi coinvolgere, trascinare, emozionare da quello che incontrano, da ciò che li circonda. Farsi venire il mal di testa per un’espressione di matematica, ridere di un’ironia sveviana per poi soffermarsi a pensarci la sera, prima di prendere sonno; sentire gli occhi gonfiarsi di lacrime ascoltando la spiegazione di un concetto letterario, che poi è un concetto umano: così umano da essere esattamente corrispondente a quello che hai vissuto, stai vivendo o magari vivrai.
La scuola non è un obbligo, la scuola è un piacere. Piacere di crescere con la consapevolezza che tutto quello che si studia è per se stessi, perché una volta usciti da quelle quattro mura tanto odiate, non si è più sotto le ali di nessuna mamma chioccia e l’unica cosa che puoi fare e tirare fuori la valigia dove hai messo fino a quel momento tutto quello che hai imparato. Ecco, direi che è proprio questo il punto: durante gli anni di scuola non si accumulano numerini scritti a penna rossa alla fine di un compito in classe, bensì una serie di esperienze, di incontri, di riflessioni, di emozioni che ti rendono pronto ad affrontare il mondo.
Ora vivo “sola” a 700 km da casa mia, dalla mia famiglia, dai miei amici. Se non avessi fatto tesoro dei cinque anni di scuola superiore (soprattutto quelli), sarei nei guai!
La volontà della mia riflessione di una serata francese, ore 23:38, è di ringraziarla ancora una volta per aver contribuito a rendere più ricco e più corposo il mio bagaglio personale e per avermi insegnato a vedere il Bello in molte cose.
Auguro tutto il bene a lei e ai suoi “nuovi” alunni!

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