“Se fossero tutti come me…”
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Ho imparato ad amare la ragione, e a non aver paura dei confronti, e neppure delle critiche, quando esse esprimono la volontà o il desiderio di un bene maggiore. Ciò che se mai mi disgusta è il becero partito preso, che non sa riconoscere il positivo che c’è, sempre, anche nelle posizioni e nelle situazioni più critiche: si tratta di quel manicheismo che, come conseguenza, ci fa sempre ritenere presuntuosamente dalla parte del giusto, di chi ha comunque ragione; ci fa sentire integerrimi, convinti che “se fossero tutti come me…”.
Come è attuale la parabola di Gesù sulla pagliuzza e sulla trave!
Facevo queste considerazioni leggendo l’ennesimo (e scontato) articolo-risposta di Corrado Augias su “La Repubblica” a proposito di Chiesa, ICI e 8‰.
Mi provoca sempre una strana sensazione leggere Augias: da un lato la certezza che non dirà nulla di nuovo (sono sempre le stesse argomentazioni, gli stessi esempi, le stesse denunce), dall’altro la consapevolezza che quello di cui lui e quelli come lui parlano non coincide mai con ciò che noi viviamo. Si tratta di uno sguardo che non sa dare ragione della realtà che incontra. E’ tutto infarcito da pregiudizi, sensazioni, sentito dire, frammenti isolati dal contesto; in questi avversari non c’è la vita, come non c’è purtroppo, a volte, neppure negli ecclesiastici che essi contestano.
Ci possiamo domandare: ma perché ancora parlare, dare retta, cercare le ragioni di fronte a tali presuntuosi e saccenti interlocutori?
Una ragione c’è, eccome. Questo atteggiamento moralista genera effetti gravissimi negli uomini: una vita senza misericordia; una cultura senza speranza; un sospetto continuo, malizioso e invidioso, che tarpa le ali del bene, senza respiro di novità; l’illusione di stare di fronte a un mondo nuovo, mentre il cuore è vecchio e traboccante di odio.
“Libera nos a malo!”. Faccio mio il bellissimo episodio citato da Benedetto XVI durante il suo viaggio in Germania: «Alla beata Madre Teresa fu richiesto una volta di dire quale fosse, secondo lei, la prima cosa da cambiare nella Chiesa. La sua risposta fu: Lei ed io!»
Quando cominceremo capire che l’unica grande questione è il cambiamento del proprio cuore, seme di una novità per tutti, allora sapremo anche criticare il male presente; non per giustificarci, ma con vero e sincero e profondo dolore.
Altrimenti continueremo a condannare Schettino, senza accorgerci che Schettino è anche ciascuno di noi.