Costa Concordia Soundbox
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(Giuseppe Ungaretti, Girovago)

C’è qualcosa di più di una carcassa di nave, che si sta inabissando di fronte all’isola del Giglio; e non è roba da poco, perché si tratta di ciò che abbiamo di più prezioso: la nostra umanità.
Può davvero, a qualcuno, piacere un giornalismo “così”, un mercato “così”, un web “così”, un mondo “così”, uno sguardo “così” sulla vita e le sue tragedie?
E’ “dell’uomo” e, cioè, distintivo della sua umanità, ciò che vediamo e ascoltiamo da che, la notte del 13 gennaio, dalla nave da crociera Costa è stato lanciato il mayday?
In edicola da oggi, con il Corsera, a 2,80 euro, il primo libro sul naufragio: Concordia, la vera storia; ma nei quotidiani, nei periodici, in tivù, da quel giorno è stato un arraffa arraffa dell’ultimo scoop, di interviste e immagini in esclusiva, delle registrazioni, dei video amatoriali, in un tam tam che non ha risparmiato la rete. Intere trasmissioni sono state costruite attorno alle vicende del Titanic di casa nostra. Qui e anche all’estero.
Crisi o no, va alla grande il mercato di gadget e magliette, degli effetti personali e delle suppellettili della nave, recuperati, pescati e venduti come souvenir. Sul web i blog nascono come funghi, sui social network si condividono canzoni e barzellette sulla nave e il suo capitano e l’isola del Giglio è diventata meta del turismo dell’orrore: si parte, si arriva, qualche click e così si potrà dire, un giorno, “quella volta c’ero anch’io”, documenti (e cioè foto ricordo) alla mano: un bel sorriso, ciao ciao e, sullo sfondo, il relitto. Sul telefonino, in questi giorni, si può scaricare un videogioco con l’applicazione Vada a bordo, cazzo! Costa Concordia Soundbox. De Falco vs Schettino. Barba e cappello da bucaniere, virtualmente è possibile sentirsi un po’ tutti capitani più o meno coraggiosi. Per carnevale già sono in vendita costumi di tutte le fogge con richiami alla nave e alla sua storia triste e c’è da scommettere che a Napoli la fantasia e le mani sono già freneticamente all’opera per le statuine del presepe 2012…
Sono morte diciassette persone, a causa dell’incidente del 13 gennaio, e quindici sono i dispersi, ma gli esseri umani non contano se non come numeri da aggiornare. O forse sì, interessano anche loro, perché qualcuno, di sicuro, già starà pensando ad un film. Altro business.
E’ questa, davvero, la vita che desideriamo? Una vita in cui gli uomini diventano sciacalli, si divertono, nelle chiacchierate da bar, ad imbastire processi sommari, si improvvisano giudici dell’altrui fragilità, fuggono dalla propria insipida esistenza e, nei giochi di ruolo, ne scelgono una virtualmente eroica, riempiono le loro vuote giornate di chiacchiericci, di curiosità macabra e morbosa, cercano la visibilità dei riflettori o dei social network? E’ questo ciò che desideriamo per noi, per i giovani che abbiamo il compito di introdurre alla vita?
Ci sarebbe molto, in verità, da imparare da quella nave incagliata, proprio come incagliata, spesso, è questa nostra esistenza. C’è da imparare il silenzio che la Costa Concordia ha conosciuto quand’era in cantiere e poi mai più. E ripartire da lì. Per rispetto dei morti, dei dispersi, ed anche dei tanti che, in quella nave, hanno lasciato, per sempre, una parte di sé.
Ma c’è un’altra cosa bella, che potremmo e dovremmo imparare, da ciò che è accaduto, e custodire gelosamente. Non costa nulla, eppure è preziosissima, perché rende umano il vivere.
E’ lo sguardo originale, purificato, di chi, scampato al naufragio e dunque ri-nato, dalla banchina, anche solo per un attimo, ha guardato la realtà con occhi innocenti.
Come la vedesse per la prima volta.