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L’Avvento e il fiore della speranza

Fonte:
CulturaCattolica.it

“Tu che la notte trapunti di stelle/ e di luce celeste orni le menti,/ che tutti vuoi salvi,/ ascolta chi ti implora! / L’acerba sorte dell’uomo/ ha toccato il tuo cuore:/ sul mondo sfinito rinasce/ il fiore della speranza” (dalla liturgia ambrosiana). Parlare di mondo sfinito è oggi tutt’altro che fuori luogo. E pare che le cose potrebbero peggiorare. L’attenzione è puntata quasi esclusivamente sul piano economico, mentre il piano morale ed esistenziale, da cui si dovrebbe attingere forza per affrontare la crisi, non viene neppure preso in considerazione. La trascuratezza dell’umano considerato in tutti i suoi aspetti, affettivo, religioso, relazionale, sociale, è la cifra del nostro tempo in cui la persona è non è mai soggetto, ma piuttosto oggetto, cui è chiesto di inserirsi in uno stile di vita, in un comportamento che ci vuole tutti uguali, ugualmente dimentichi di noi stessi, omologati. Come diceva Pasolini. “Chi ha manipolato e radicalmente (antropologicamente) mutato le grandi masse contadine e operaie italiane è un nuovo potere che mi è difficile definire: ma di cui sono certo che è il più violento e totalitario che ci sia mai stato: esso cambia la natura della gente, entra nel più profondo delle coscienze.” Abbiamo pagato lo scotto a questo potere, al consumismo, cui sono seguite una serie di nuove dipendenze prodotte dalla rivoluzione tecnologica che ha conquistato tutti e tutti i settori del vivere. Ne hanno fatto le spese soprattutto i giovani, a cui, sempre Pasolini diceva, è stata cambiata l’anima. Cos’è, dunque, l’uomo? Qual è il punto su cui può rinascere il fiore della speranza? E cos’è questo fiore? L’uomo è desiderio di infinito, ma se egli non sa più riconoscere in sé questa naturale aspirazione, si priva della libertà, si invischia nelle trappole delle effimere attrazioni, si riduce a una dimensione orizzontale claustrofobica. Desiderio di infinito e, nel contempo, l’incapacità di raggiungerlo con le sole proprie forze sono i due estremi che fanno grande l’uomo. Una natura ferita che anela a un compimento che non si può dare da sé. È questa “acerba sorte dell’uomo” che ha toccato il cuore di Dio, che l’ha spinto alla commozione per la creatura che ha Lui stesso pensato e amato, ma che si è allontanata da Lui. È nel cuore dell’uomo che può rinascere il fiore della speranza. Un cuore carico di attesa. E il fiore è un Uomo, Dio stesso fatto Bambino, nato nel grembo di una donna. Nessuno avrebbe mai potuto prevedere una simile risposta. Che si aprissero i cieli, come hanno invocato i Salmi stessi e gli spiriti più nobili tra i pagani greci e romani, e Dio scendesse a ridare vita alla sua creatura. La Chiesa è esperta in umanità, come diceva Paolo Vi, perché conosce il cuore dell’uomo, la sua attesa carica di promessa. Per questo non si stanca di riproporre, nei suoi tempi liturgici, la verità fondamentale dell’esistenza. Siamo fatti per la felicità, anche in questo tempo di crisi, quando intorno a noi ci vengono chiesti sacrifici e rinunce per il bene del nostro paese. Gesù, nascendo a Natale, torna a santificare la nostra terra, a dare luce al nostro cuore e alla nostra mente. AttendiamoLo in questo tempo di Grazia.

(P.P. Pasolini, Scritti corsari, Garzanti 1975)

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