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Novembre

Fonte:
CulturaCattolica.it

«Non vogliamo lasciarvi nell’ignoranza a proposito di quelli che sono morti, perché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza» (1 Ts 4,13). La fede nella morte e risurrezione di Gesù Cristo segna, anche in questo campo, uno spartiacque decisivo. Sempre san Paolo ricorda ai cristiani di Efeso che, prima di accogliere la Buona Notizia, erano «senza speranza e senza Dio nel mondo». Infatti, la religione dei greci, i culti e i miti pagani, non erano in grado di gettare luce sul mistero della morte, tanto che un’antica iscrizione diceva: «In nihil ab nihilo quam cito recidimus», che significa: «Nel nulla dal nulla quanto presto ricadiamo». Se togliamo Dio, se togliamo Cristo, il mondo ripiomba nel vuoto e nel buio. E questo trova riscontro anche nelle espressioni del nichilismo contemporaneo, un nichilismo spesso inconsapevole che contagia purtroppo tanti giovani”. Così il Papa, la scorsa domenica all’Angelus. La fede è una conoscenza nuova della realtà, come dimostra il pensiero di San Paolo in confronto alla cultura classica, un giudizio sul mondo che trova il suo alimento nel contenuto della rivelazione e insieme nell’esperienza umana. Infatti, rispetto alle altre religioni il cristianesimo ha questa peculiarità: offre all’uomo la possibilità di verificare nell’esperienza ciò che è rivelato per Grazia e donato da Dio. Fede ragione libertà sono impegnate in questa verifica in cui la convenienza della proposta cristiana si fa palese. È la garanzia di un incremento della qualità della vita, tanto ricercata oggi quanto considerata facilmente un’utopia. Un cuore che non sia continuamente ridestato da un’esperienza religiosa a percepire come necessarie e insopprimibili l’esigenza della verità, dell’amore, della giustizia, del bene, si trova chiuso, inconsapevolmente nichilista. “Vera sapienza è approfittare della vita mortale per compiere opere di misericordia, perché, dopo la morte, ciò non sarà più possibile. Quando saremo risvegliati per l’ultimo giudizio, questo avverrà sulla base dell’amore praticato nella vita terrena. E questo amore è dono di Cristo, effuso in noi dallo Spirito Santo. Chi crede in Dio-Amore porta in sé una speranza invincibile, come una lampada con cui attraversare la notte oltre la morte, e giungere alla grande festa della vita”. Cosa ci dicono queste parole mentre vediamo cadere tutta questa pioggia? O mentre restiamo attoniti davanti alle immagini delle alluvioni, alla notizia dei morti travolti dalla piena, trascinati nel fango? In tanti hanno risposto con generosità aiutando gli alluvionati. La carità, il dono gratuito di tempo ed energie offerto in nome di quell’esigenza insopprimibile di bene che ci portiamo dentro e che la luce della fede rende luminosa, ancora una volta si è mostrata una forza rigeneratrice. Si lotta, si fatica, si piange perché non si è soli, perché quanto è accaduto suscita la domanda su cosa ci chieda Dio in questi momenti così difficili per il nostro Paese. È una sfida per tutti. Ricevendo l’ambasciatore della Germania presso la Santa Sede, il Papa ha detto che la Chiesa sa distinguere “fra la specificità della sua fede e le verità della ragione, cui la fede apre gli occhi e alle quali l’uomo in quanto uomo può accedere anche a prescindere da questa fede”. Rivolgendosi al Parlamento tedesco, il Papa ha sorpreso tutti con il riferimento al movimento ecologico che ha individuato un rapporto scorretto con la natura. Il suo intervento ha mostrato che c’è un modo di guardare la natura che ne coglie la “vera profondità” e le “indicazioni”: il positivismo ha negato questo per secoli e ancora lo nega. È sotto gli occhi di tutti la necessità di “ascoltare il linguaggio della natura e rispondervi coerentemente”. Ecologia della natura, ecologia dell’uomo. Entrambe chiedono il nostro rispetto.

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