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Passaporti Europei

Autore:
Amato, Gianfranco
Fonte:
CulturaCattolica.it

Anche il passaporto può a volte diventare lo specchio della società. Accade, per esempio, nel Regno Unito, dove entro il prossimo dicembre i passaporti dei cittadini britannici non indicheranno più la paternità e la maternità secondo gli schemi classici (madre e padre) ma attraverso la dizione “Genitore 1” e “Genitore 2”. Ciò al fine di evitare forme di discriminazione nei confronti delle coppie omosessuali con figli. L’Identity and Passport Service, l’autorità ministeriale competente in materia, ha spiegato che la sostituzione di mamma e papà con “Parent 1” e “Parent 2” deriva dall’esigenza di «proteggere gli interessi dei minori ed assicurare che il passaporto venga rilasciato in piena conformità con i diritti individuali delle persone», a cominciare dai componenti delle coppie omosessuali. Ma non è finita qui. Lo stesso Identity and Passport Service ha comunicato, infatti, che è in corso un’ulteriore modifica del passaporto per quanto riguarda la specificazione del sesso del titolare. Le ipotesi allo studio sono due: eliminare completamente l’indicazione, oppure consentire una terza opzione di scelta (sesso indeterminato), aggiungendo una “X” alle classiche “M” e “F”. Anche in questo caso l’intento è quello di evitare discriminazioni nei confronti dei transgender e di «impedire che durante i controlli si creino situazioni imbarazzanti per le persone che appaiono di un sesso diverso da quello indicato nel passaporto ». La stessa Lynne Featherstone, Sottosegretaria al Ministero dell’Interno con delega alle pari opportunità, è stata molto chiara quando ha parlato della «necessità di un’azione concertata da parte del governo per l’eliminazione delle barriere e la costruzione di una società più giusta per le persone transgender». Queste estemporanee iniziative in tema di passaporto, del resto, più che essere imputabili alla solita deriva britannica del politically correct, sembrano costituire le prime conseguenze pratiche della recente risoluzione del Parlamento europeo, emanata lo scorso 28 settembre, «sui diritti umani, l’orientamento sessuale e l’identità di genere nel quadro delle Nazioni Unite». In quel documento, infatti, l’Aula di Strasburgo si è rammaricata che «nell’Unione europea i diritti di lesbiche, gay, bisessuali e transgender, ivi inclusi il diritto (…) alla libera circolazione anche per le coppie omosessuali e le relative famiglie (…) non siano ancora sempre pienamente rispettati» (11), ed ha chiesto, in particolare «la depsichiatrizzazione del percorso transessuale, transgenere, la libera scelta del personale di cura, la semplificazione del cambiamento d’identità e una copertura da parte della previdenza sociale» (13). E pensare che solo cinque giorni prima, Benedetto XVI, durante la celebrazione ecumenica nell’ex convento degli Agostiniani di Erfurt, aveva messo in guardia dai pericoli di uno smarrimento dell’identità dell’uomo. «Viviamo in un tempo», ammoniva il Santo Padre in quell’occasione, «in cui i criteri dell’essere uomini (die Maßstäbe des Menschseins) sono diventati incerti». A cominciare dal primo criterio distintivo tra uomo e donna. Come ha ricordato il Card. Angelo Scola il 2 giugno2009, chiudendo a Vicenza la quinta edizione del Festival Biblico intitolato “I volti delle Scritture”, la differenza sessuale svela che l’alterità è una dimensione interna alla persona, e proprio perché ne segna la strutturale insufficienza, le consente di aprirsi al “fuori di sé”. Per questo, secondo il cardinale, il disegno originario di Dio nel crearci sempre e solo come maschi o come femmine ci educa a capire il peso dell’“io” e il peso dell’“altro”. La differenza sessuale si rivela così come una grande scuola esistenziale, e non può essere ridotta a marchio di un handicap, di una mancanza, rappresentando piuttosto l’eco di quella grande avventura di pienezza che vive in Dio Uno e Trino, perché siamo stati creati a Sua immagine. Negare ciò significa cadere nell’eterna tentazione dell’uomo di autodefinirsi secondo una propria immagine. La Storia insegna, però, che ogniqualvolta l’uomo si cimenta in questo tentativo di imitare Dio, riesce a creare soltanto l’immagine di mostri.

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