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“Nacque al mondo un sole”

Fonte:
CulturaCattolica.it

Con queste parole, nell’XI canto del Paradiso, Dante presenta la figura di San Francesco, nato ad Assisi alla fine del 1181 o agli inizi del 1182. La derivazione del nome dall’antico tedesco, libero, è riflessa nel carattere libero e leale che testimoniò per tutta la vita. Libertà dalla ricchezza, dalle lusinghe del mondo. Libero negli affetti perché legato all’unico affetto che compie totalmente il bisogno di amore che abita ogni cuore. Famosa l’espressione: “dopo Dio e il firmamento, Chiara”. Fu proclamato Patrono d’Italia 18 giugno 1939 da papa Pio XII, che lo definì: “Il più italiano dei Santi, il più Santo degli Italiani”. Nel 150° anniversario dell’unità d’Italia, è bene ricordarlo. Il suo Laus creaturarum, il famoso Cantico delle creature, è il più antico testo in volgare della tradizione letteraria italiana. Fino al 1976 il 4 ottobre, memoria liturgica del Santo, fu festa religiosa e civile. Quando nel 2007 Benedetto XVI si recò ad Assisi, invitò i giovani a verificare nella loro esperienza una scoperta fondamentale che cambiò la vita di Francesco, cioè che “le cose finite possono dare barlumi di gioia, ma solo l’Infinito può riempire il cuore”. Durante un periodo di prigionia, a seguito della guerra tra la sua città e Perugia, ripensò al suo passato di giovane benestante dedito alle feste e ai piaceri e maturò la decisione di cambiare vita. Quando rinunciò all’eredità paterna, col simbolico gesto della consegna al padre dei suoi abiti, “come nel momento della creazione, Francesco non ha niente, ma solo la vita che gli ha donato Dio, alle cui mani egli si consegna”. Nel tratteggiare la sua figura, in un’udienza generale del gennaio 2010, Benedetto XVI ha ricordato come Francesco abbia risposto a una situazione drammatica e inquietante della Chiesa e abbia restaurato la Chiesa di Dio testimoniando una fede ardente, capace di trasformare la vita. Definito l’uomo più simile a Cristo, da Lui attingeva l’amore per gli uomini e le creature. “Francesco ci ricorda che nella creazione si dispiega la sapienza e la benevolenza del Creatore. La natura è da lui intesa come un linguaggio nel quale Dio parla con noi, nel quale la realtà diventa trasparente e possiamo noi parlare di Dio e con Dio”. Recita Alda Merini in una sua poesia sul Santo: “L’uomo non soffre attorno a sé una fine,/ ma io ho un chiaro disegno/ di povertà come una veste ardita/ che mi chiude entro sfere di parole,/ di parole d’amore/, che indirizzo agli uccelli, all’acqua, al sole/ e che mi rende tutte assai precise, premeditata morte di dolcezza”. Versione moderna delle parole antiche di Francesco. Nel discorso al Bundestag tedesco, il papa ha affermato che per ritrovare la profondità della natura, per scoprire ciò che non va nel nostro rapporto con essa, per riconoscerne la dignità propria e non considerarla solo “un materiale per il nostro fare” secondo un’ottica positivista, occorre “ascoltare il linguaggio della natura e rispondervi coerentemente”. Non si deve però trascurare che esiste anche “un’ecologia dell’uomo”, cioè che anche “l’uomo possiede una natura che non può manipolare a piacere. L’uomo non è soltanto una libertà che si crea da sé. L’uomo non crea se stesso”. L’uomo è creatura, è un dato che deve essere ascoltato e rispettato. Accettarsi così come siamo fatti, creature dipendenti, è la condizione per la libertà. La memoria di San Francesco è quindi occasione per ricordarci che l’uomo e la natura sono creature di Dio e che solo in Lui si possono comprendere veramente.

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