La rana dalla bocca larga. Su Eco
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Ma come annoiano questi ex: ex cattolici, ex presidenti di Azione Cattolica… A volte si direbbe che sono così pieni di sé che persino puzzano.
L’ultima esternazione di Umberto Eco, a proposito di Benedetto XVI, ha passato il segno. Per lui non è né buon teologo né tantomeno buon filosofo. E dovrebbe imparare da lui, il vero pozzo di scienza, dalle infinite qualità.
Peccato che il nostro cada nel vizio terribile dei presuntuosi: è incapace di riconoscere il valore di chi pensa diversamente da sé. E invece di sapersi confrontare, per comprendere le ragioni dell’altro, non sa fare di meglio che negargli la qualità di interlocutore. Vecchia tattica, segno, purtroppo, di meschinità.
Preferisco di gran lunga i maestri “cattolici” (ultimo dei quali è proprio il grande Papa Benedetto XVI) che sanno ascoltare la posizione dell’altro, e non hanno bisogno di disprezzarla o di sminuirne il valore, per poter affermare la propria convinzione e la propria differenza.
Ricordate quanto diceva Giovanni Paolo II a proposito del dialogo e della missione?
«La missione non è mai una distruzione, ma è una riassunzione di valori e una nuova costruzione, anche se nella pratica non sempre vi è stata piena corrispondenza a un ideale così elevato». (Redemptor Hominis 12)
«Il dialogo non nasce da tattica o da interesse, ma è un’attività che ha proprie motivazioni, esigenze, dignità: è richiesto dal profondo rispetto per tutto ciò che nell’uomo ha operato lo Spirito, che soffia dove vuole. Con esso la chiesa intende scoprire i «germi del Verbo», «raggi della verità che illumina tutti gli uomini» germi e raggi che si trovano nelle persone e nelle tradizioni religiose dell’umanità. Il dialogo si fonda sulla speranza e la carità e porterà frutti nello Spirito. […] Deriva da qui lo spirito che deve animare tale dialogo nel contesto della missione. L’interlocutore dev’essere coerente con le proprie tradizioni e convinzioni religiose e aperto a comprendere quelle dell’altro, senza dissimulazioni o chiusure, ma con verità, umiltà, lealtà, sapendo che il dialogo può arricchire ognuno. Non ci deve essere nessuna abdicazione né irenismo, ma la testimonianza reciproca per un comune progresso nel cammino di ricerca e di esperienza religiosa e, al tempo stesso, per il superamento di pregiudizi, intolleranze e malintesi. Il dialogo tende alla purificazione e conversione interiore che, se perseguita con docilità allo Spirito, sarà spiritualmente fruttuosa.» (Redemptoris missio 56)
Vale la pena di partire da qui, anche perché questa posizione “cattolica”, cioè capace di valorizzare e incontrare chiunque, è l’unica adeguata alle dimensioni del cuore, e riesce a sostenere la grande “compassione” per l’uomo, per ogni uomo.
Rileggendo le parole dell’intervista di Umberto Eco, mi è venuta in mente quella storiella (che ho ritrovato in Internet) della rana dalla bocca larga, che non solo è vanitosa, ma alla fine codarda. Eccola brevemente:
In uno stagno nella giungla viveva una rana un po’ sciocchina, ma molto curiosa, che aspettava tutto il giorno di poter incontrare qualcuno. Capitò un giorno allo stagno uno scimpanzè che si era avvicinato lì per bere. Appena lo vide, la rana gli andò incontro e gli disse: “Ciaooooo! Tu chi seeeiiii?” E quello rispose: “Sono lo scimpanzè”. E la rana: “E io sono la raaanaaa. La rana dalla bocca largaaaaaa.” E dopo un pò si salutarono. Più tardi venne allo stagno una gazzella e la rana subito si avvicinò dicendo: “Ciaooooo! Tu chi seeeiiii?”. E quella rispose: “ Sono la gazzella!” Allora la rana disse di nuovo: “E io sono la raaanaaa. La rana dalla bocca largaaaaaa.” E dopo un pò si salutarono. Sul finire della giornata venne a dissetarsi un leone, si avvicinò all’acqua con fare lento e minaccioso e la rana, incurante del pericolo, gli andò incontro per fare sempre la stessa domanda: “Ciaooooo! Tu chi seeeiiii?. Il leone la guardò, infastidito e stanco (era stata per lui una lunga e calda giornata di caccia), esitò un attimo e poi disse d’un tratto: “Sono il leone che mangia le rane dalla bocca larga!!!” E la rana velocemente, molto impaurita dalla determinazione del leone e per fortuna sufficientemente furba per capire che rischiava di essere mangiata davvero, disse con la bocca molto chiusa “Ohhhh! Davvero?!!!”. Si sa per certo che passarono molti giorni prima che tornasse di nuovo allo stagno.
Di fronte alle grandi sfide della modernità e della post-modernità, non ci vuole un vuoto e autoreferenziale chiacchiericcio, ma la testimonianza della verità che è insieme giudizio e proposta. Guardando il magistero di Benedetto XVI si capisce che cosa sia e che cosa valga questa grande compassione: l’inizio di una cultura autentica della speranza.