Un pezzetto dell’Altro mondo in questo mondo
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Esci dalla porta a vetri, girevole, e ti lasci alle spalle la XXXII edizione del Meeting di Rimini. Mentre cammini, sotto un sole cocente, per raggiungere l’auto, cerchi di fare un po’ di ordine in testa e ti rendi conto che ciò che hai visto non sono “l’incontro X”, più “la mostra Y”, più “gli stand Z”, ma è…un microcosmo. Anzi, riflettendo su questi giorni passati velocissimi, ti accorgi che in realtà, al Meeting, accade qualcosa che non ti è mai capitata altrove: più che vedere delle cose, a Rimini, la terza settimana di agosto, si vive un’esperienza.
Ecco. Un’esperienza (bella), in un microcosmo, bello pure lui. E non è perché il sole picchia più forte di sempre, quest’anno, e qualcuno potrebbe pensare che un po’ ti abbia dato alla testa. Ne sei proprio certa. Il Meeting: quest’esperienza bella, vissuta in un microcosmo bello, è come… un pezzetto dell’Altro mondo in questo mondo. Sì. E’ proprio così.
Intanto non si paga nulla, per entrare, e ci può andare chiunque: gente di tutte le latitudini, di tutti i continenti, di tutte le lingue, i colori della pelle; agnostici, atei e credenti di tutte le religioni. Puoi dirlo perché li hai visti.
Hai incrociato neonati (che meraviglia quella mamma col marsupio rosso, alla mostra “Mia sorella la vita” - Boris Pasternak! E la figlioletta che dormiva, beata, visetto appoggiato al seno della madre, cullata dal battito del suo cuore!…).
Quanti bambini, al Meeting! Certo, con loro a seguito, i genitori avranno dovuto alternare gli incontri a palloncini e gelati; le mostre, a lunghe soste al Villaggio ragazzi, in cui ad ogni ora del giorno proponevano giochi e attività calibrate per i più piccoli. E’ così anche a casa: piccoli compromessi per rendere piacevoli le giornate di tutti.
Hai visto giovani: tantissimi! E poi adulti, famiglie, anziani. Anche tanti disabili.
Hai visto politici di tutti gli schieramenti.
Al Meeting c’è spazio per l’arte, la letteratura, la religione, la storia, la cronaca, la politica, l’economia… C’è musica. Ci sono film. E poi mostre, spettacoli, sport, reportage fotografici…
Si mangia e si beve, al Meeting, e ogni quattro passi ci si imbatte nelle specialità regionali, con profumi e sapori che raccontano ogni angolo d’Italia. Ma c’è anche il resto del mondo: pensi ai cibi spagnoli, all’angolo con i würstel bavaresi, agli stand con i prodotti africani…
Al Meeting vedi chi lavora (gratis… E meriterebbe un serio approfondimento già solo questo…) e c’è, invece, chi trova un angoletto e si riposa. Seduto, legge, o ascolta musica, o manda sms, oppure, disteso alla meglio, schiaccia un pisolino (accade spesso, specie ai volontari, come a riprendere energie tra un turno e l’altro).
Quanti incontri, in questi giorni! Ho rivisto amici che non vedevo da anni, e sono abbracci ritrovati che porterò nel cuore; ma ho conosciuto anche tanti volti nuovi e so che, con loro, il cammino della mia vita, da qui in avanti, sarà ancora più bello. Sì, perché, al Meeting, un po’ (tanto) si riceve (penso a tutti gli incontri a cui ho partecipato, alle mostre che ho visitato…), un po’ si dà. Si dà con la propria presenza lì, che è la prova evidente che la sfida coraggiosa di trentadue anni fa valeva la pena. Si dà perché, insieme, ci si sente “popolo” che ha fatto lo stesso Incontro e vive e si muove fiducioso, perché certo che “le forze che cambiano la storia sono le stesse che cambiano il cuore dell’uomo”.
Al Meeting – penso mentre mi dirigo all’auto – sono stata bene anche per un altro motivo. Giravo tra i padiglioni e in mano tenevo il libretto con il programma di ogni giorno. Potevo scegliere fra tantissimi appuntamenti. A volte partecipavo con amici a qualche incontro, altre volte ero sola in saloni strapieni. Eppure non ho mai avuto paura di “perdermi”. Scesa dall’auto, o dall’autobus, ho incontrato, da subito, volontari disposti a fornirmi indicazioni. Dentro capitava lo stesso: ovunque qualcuno, sorridente, pronto a darti una mano. Libera, mai ho avuto la sensazione di esser sola, o lasciata a me stessa. Mi sentivo “a casa”. E lo ero.
Ho visto mostre, ho seguito conferenze, ho incontrato tanti amici ed ho capito: l’esistenza diventa un’immensa certezza se non ci sentiamo in balia del nulla, come nella poesia di Pascoli La vertigine, quando l’autore scrive: “Uomini, se in voi guardo, il mio spavento / cresce nel cuore. Io senza voce e moto / voi vedo immersi nell’eterno vento; / voi vedo, fermi i brevi piedi al loto, / ai sassi, all’erbe dell’aerea terra, / abbandonarvi e pender giù nel vuoto”, ma solo se la nostra vita è saldamente ancorata a Cristo: la pietra scartata dai costruttori, che è diventata testata d’angolo.
Accompagnati da questa immensa certezza, al Meeting si ride, ci si commuove, si parla, si ascolta, si riflette, si mangia, si beve, si sta insieme, si gusta fino in fondo (con la ragione e con i sensi) la bellezza che ci circonda e rende speciale ogni giornata…
Al Meeting si vive! Ed è bello (e possibile!) vivere così: come in questo microcosmo.
Esco dunque dalla porta a vetri, girevole, e non penso al Meeting come ad una piacevole parentesi della (e dalla) mia vita. Non sbuffo all’idea di tornare a casa. Non spero che passino presto i prossimi dodici mesi, provando ad immaginare, curiosa, quali sorprese mi riserverà la prossima edizione. Con ciò che ho visto e vissuto a Rimini; con ciò che ho imparato e che custodisco nel cuore, salgo in auto, guardo avanti e dico il mio “sì” ai giorni che, là dove mi ha posto, il Signore vorrà regalarmi.
“Nella sua opera sul regno di Dio, il professore Hering precisa: ‘L’ideale del cristiano non è la principessa in esilio che aspira al ritorno, ma Abramo che si mette in strada verso un paese sconosciuto che Dio gli mostrerà’. La speranza è una vittoria sulla nostalgia”. (J. Daniélou, Et qui est mon prochain?, Stock Édition, Paris, 1974).
Come Abramo, con i sandali ai piedi, saluto la XXXII edizione del Meeting e, con la sua stessa speranza nel cuore, parto verso il futuro di Dio…