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“In vacanza da sole”

Autore:
Saro, Luisella
Fonte:
CulturaCattolica.it

Otto e quaranta. Traffico in cucina, per allestire la colazione. Finestra aperta, TV accesa e, di sottofondo, Unomattina. Ho cambiato canale da poco, per cui mi sono persa l’inizio del discorso. Ma mentre mi muovo, e sistemo tovagliette e tazzine, ed è quasi pronto il caffè per chi lo vuole e il tè per chi lo preferisce, ed apro un nuovo pacco di biscotti, le orecchie vengono catturate da questa frase: “…lasciate a casa sensi di colpa, marito, figli e secchielli e andate in vacanza da sole!”.
Siccome le orecchie fan parte della testa e nella testa ci sono gli occhi, la reazione è immediata e mi ritrovo, senza volerlo, a guardare il video, che prima avevo di spalle.
In studio, il conduttore e due ospiti. Donne (si capisce!). Titolo grande, sullo sfondo: “In vacanza da sole”.
Cerco di capire un po’ meglio e così in sovraimpressione scopro che una delle intervistate (il nome francamente non lo ricordo) è “esperta di risorse umane” (?!?), l’altra, genericamente, risulta essere “docente universitaria” (in cosa, non è dato sapere).
A quel punto mi siedo (il caffè è pronto) e decido di ascoltare le “esperte”, che esortano le donne a mandare in ferie non solo il lavoro ma i ruoli, tutti, svolti normalmente nella vita, perché solo così la vacanza è davvero vacanza.
“E i figli?”, domanda l’intervistatore. “Che si attrezzino i compagni: che se ne occupino un po’ anche loro”, risponde l’esperta di risorse umane. Che, per non appesantire troppo nemmeno i suddetti ‘compagni’ (‘mariti’ è un termine evidentemente fuori moda e sicuramente riduttivo) aggiunge: “E poi ci sono i nonni, i centri estivi per i ragazzi, i campus all’estero…”.
Ora. Non che io ce l’abbia con i centri estivi o con le vacanze-studio all’estero, figuriamoci! Ma un conto è quando si decide insieme che possono essere attività formative, un conto è – come in questo caso – quando palesemente si tratta di sbolognamenti. Parcheggi. E, i figli, palle al piede. Pacchetti da mollare un po’ qui un po’ lì.
Stride, questa affermazione (che peraltro fonde e confonde bambini e secchielli), con la campagna mediatica, battente, che invita invece a non lasciare a casa gli animali e pubblicizza luoghi e offerte per “vacanze a sei zampe”. Stride e fa pensare.
E così, mentre sorseggio il caffè del buongiorno e vengo a sapere che la docente universitaria desidererebbe andarsene per un po’ alle terme da sola e l’esperta di risorse umane, invece, a visitare qualche città d’arte “perché” – dice – “da sole non vuol mica dire necessariamente al sole, ad arrostirsi; può essere un’occasione anche per acculturarsi, e comunque in vacanza vanno cercati ‘spazi tutti per sé’, per dedicarci finalmente a quel che ci piace”, comincio a pensare…
Penso ai sensi di colpa, ai mariti, ai figli e ai secchielli lasciati a casa, in cambio di una più moderna “vacanza a sei zampe”: una ‘lei’, de-ruolizzata e dunque finalmente ‘libera’, insieme al chihuahua nella borsetta (griffata, of course. E pazienza se il cane, nella borsetta, ci fa i bisognini. Sempre meglio della zavorra di biberon, succhiotti e pannolini…).
Penso alla mia vacanza in Puglia, appena terminata: marito e due figli adolescenti a seguito, e momenti preziosi “tutti per noi”, che non torneranno più.
Penso, soprattutto, ai miei studenti e alle loro confidenze ricevute a scuola: genitori super-impegnati per lavoro, o famiglie disgregate, o problematiche, o allargate: con nuovi “papà”, e nuove “mamme”, e nuovi “fratelli”. O genitori separati, ora alla ricerca spasmodica di nuovi compagni e quindi (quale occasione migliore dell’estate!?) in altre faccende affaccendati. Situazioni diversissime, ma sempre troppo poco tempo per stare insieme. E una solitudine che i ragazzi tentano di riempire nei modi più disparati e, spesso, più disperati.
Mentre si accavallano i pensieri, mi intristisce questo mondo egoista, insoddisfatto, in fuga perenne, come alla ricerca di destini di riserva. Mi intristisce e mi spaventa una televisione che illusoriamente faccia credere che “mandando in vacanza i ruoli” e cioè abdicando a sé: a ciò che si è (mogli e madri, nella fattispecie) si possa trovare la felicità. Non è VITA, l’apnea di chi aspetta la finta panacea di un pugno di giorni in vacanza “da sole”! E’ il segno – questo sì – della ferita di una “mancanza di senso” che ci portiamo dentro. Il senso del lavoro e delle ferie; del nostro essere donne, e mogli, e madri; del tempo che ci è dato in prestito e di cui ci verrà chiesto conto.
Mentre “sfumano” le ospiti di Unomattina (il loro tempo è finito), penso che aveva proprio ragione Petrarca, quando, nella sua splendida lettera a Dionigi da Borgo San Sepolcro, citando S. Agostino (X libro delle Confessioni), scrive: “E vanno gli uomini a contemplare le cime dei monti, i vasti flutti del mare, le ampie correnti dei fiumi, l'immensità dell'oceano, il corso degli astri e trascurano se stessi”. La lettera, datata 26 aprile 1336, ha quasi ottocento anni, ma il cuore degli uomini (e delle donne!) è sempre lo stesso.
Checché ne dicano le “esperte” di Unomattina

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