In dono a Benedetto
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La sua famiglia ha fatto un dono speciale a Benedetto XVI. E’ così? «Sì, abbiamo chiesto ai giovani dell’Ac di Novafeltria di consegnare al Pontefice un libretto nato da un diario che ho scritto quando io e mia moglie Daniela eravamo in attesa di Giacomo, il nostro secondo figlio».
Vada avanti. «Nei primissimi mesi di gravidanza i medici ci parlarono di una possibile malformazione alla testa. Un rischio per il quale ci venne prospettato l’aborto terapeutico. Il libro racconta appunto di quei giorni decisivi».
Prima di proseguire diciamo almeno il titolo? «Il libro si chiama “Eccomi”. Pur partendo da un’esperienza cristiana eravamo completamente disorientati. Pensavamo alle sofferenze dei nostri figli. Temevamo ripercussioni sulle nostre vite e in alcuni frangenti l’interruzione di gravidanza diveniva per noi un modo per proteggerci».
Chi o che cosa vi ha aiutati? «Il fatto di avere accanto l’affetto e la preghiera delle persone. In particolare di un sacerdote che ci ha presi per mano».
Come? «Non tanto dicendoci quello che avremmo dovuto fare. Piuttosto dandoci i criteri per valutare meglio la situazione».
Che significato ha donare un pezzo di voi a Benedetto XVI? «Ci emoziona e conferma quel che il Papa ripete spesso: l’importanza di avere fiducia nella vita e nella comunità».
Come è cambiato, sé è cambiato, il vostro giudizio sull’aborto? «Non c’era prima e a maggior ragione non c’è adesso un giudizio sulle famiglie che stanno attraversando un dramma. Conosciamo, anche se non è stato il nostro caso, la solitudine (specialmente delle mamme) che si può provare».
Che peso hanno le parole di un Pontefice in una vicenda del genere? «I precetti diventano veri e non per un’imposizione dottrinale. I pronunciamenti del Papa si realizzano nell’esperienza».
Avete condiviso questo racconto con Giacomo? «Adesso che ha 11 anni e vive una vita normale ne abbiamo parlato. Il dialogo ha sgomberato il campo da possibili turbamenti».
Cosa c’è realmente dentro quelle pagine? «Diciamo che rappresentano una testimonianza». Come è venuta l’idea di donarlo a Benedetto XVI? «Avevamo il desiderio di compiere un gesto semplice e affettuoso che parlasse al Pontefice di cose a cui è molto attento. Così un giornata già di per sé storica per noi è divenuta ancor più gioiosa».