“Io l’ho fatto”. La sfida delle donne arabe
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Manal al-Sherif, è una donna saudita di 32 anni, lo scorso maggio è stata arrestata per aver postato un video in cui veniva ripresa mentre guidava per le strade di Khobar (una grande città saudita sul Golfo Persico) e invitava altre donne a seguire il suo esempio.
E’ stata rilasciata dopo dieci giorni e dopo aver firmato una dichiarazione in cui si impegnava a non guidare e a non parlare in pubblico.
In realtà non esiste nessuna legge dello stato saudita che impedisca alle donne di guidare, il divieto proviene dalle fatwa, delle autorità religiose che in Arabia Saudita seguono una corrente dell’Islam molto restrittiva nell’interpretazione del Corano, lo wahhabismo.
In questi giorni alcune donne hanno seguito il suo esempio, sono salite sulla loro auto per andare al supermercato e si sono fatte riprendere da qualche amica per mettere il rete il filmato, non moltissime a dire il vero. I giornali riferiscono che sono state fermate e riaccompagnate a casa.
Secondo le attiviste di Women2Drive sono 7mila impegnate, le donne che si sono impegnate a sfidare il divieto. Tutte con patente internazionale (in Arabia alle donne non è rilasciata), e attente a seguire i 14 “comandamenti” dettati dalle organizzatrici. Tra gli altri, non fare infrazioni, restare in contatto con le altre attiviste, meglio farsi accompagnare da un parente maschio e munirsi di una foto di Re Abdullah e di una bandiera saudita per mostrare, in caso, di essere buone suddite.
Sul web i loro video “io l’ho fatto” “Io guido da sola Day”
Siamo nel 2011, in TV ieri sera discutevano di donne che per i loro diciotto anni vogliono aumentare il volume del seno, o che alle prime rughe spendono fortune per poter avere un viso di plastica, inespressivo ma senza segni del tempo, e ci sono donne che per andare al supermercato in auto rischiano la prigione.
Non ditemi che è colpa della religione, è solo la supremazia dei maschi che dietro alla scusa della religione sottomettono le madri dei loro figli, le loro sorelle, le loro madri, perché temono persino che camminando facciano rumore o che mostrando il volto possano svegliare l’istinto di altri uomini.
Non ditemi che è colpa della religione perché c’è stato uno che ha detto che uomini e donne sono uguali, che morto e risorto è apparso per primo alle donne, sapendo che la loro parola contava meno di niente.
Ci sono invece luoghi dove con la scusa del rispetto della religione, coloro che partoriscono e crescono gli uomini sono considerate come schiave, non possono ballare, studiare, guidare.
E c'è un'altra parte del mondo dove le donne liberate dalla schiavitù sono arrivate all'estremo opposto quello dio credere che la libertà sia quella di potersi “fare da sole”.