Il punto critico della coscienza
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Croazia, viaggio papale. Benedetto XVI ha partecipato alla giornata nazionale delle famiglie croate. Le ha invitate a essere forti, coraggiose. A non cedere alla mentalità secolarizzata e testimoniare che “è possibile amare, come Cristo, senza riserve, che non bisogna aver timore di impegnarsi per un’altra persona!”. Come disse Giovanni Paolo II, “Un’autentica famiglia fondata sul matrimonio, è in se stessa una buona notizia per il mondo”. La pressione cui oggi è sottoposta la famiglia, l’esaltazione di una libertà senza impegno, urgono la testimonianza del bene, della fedeltà e della gioia della donazione reciproca. Nei due giorni trascorsi a Zagabria, occorre porre attenzione anche al discorso rivolto al Corpo Diplomatico e ai Leaders religiosi, in cui Benedetto XVI ha dichiarato che il futuro dell’occidente si gioca sull’idea di coscienza. Dall’idea che ci facciamo di essa dipende, infatti, “la qualità della vita sociale e civile, la qualità della democrazia”. Così la coscienza rappresenta un vero e proprio “punto critico”, che è necessario educare e per il quale occorre spendere impegno perché si possa formare rettamente. Come ha sintetizzato il Papa, il pensiero moderno riduce la coscienza “all’ambito del soggettivo, in cui si relegano la religione e la morale”, provocando un impoverimento nella concezione dell’uomo che tende ad autodeterminarsi. L’uomo sarebbe solo con se stesso, in una solitudine che lo separa dai suoi simili e lo sottrae al rapporto con la trascendenza. L’enciclica di Giovanni Paolo II, Veritatis splendor, aveva già affermato che l’uomo non può porsi giudice e decidere da solo ciò che è buono e ciò che è cattivo, proprio perché la coscienza non è una fonte autonoma ed esclusiva nel decidere il bene e il male. Giovanni Paolo II vedeva in questa posizione di chiusura un rifiuto dello Spirito Santo. Al contrario, come insegna la dottrina cattolica, che esplicita l’esperienza avvertita da ogni uomo lealmente impegnato nella conoscenza di sé, se la coscienza è “il luogo dell’ascolto della verità e del bene, luogo della responsabilità davanti a Dio e ai fratelli in umanità, allora c’è speranza per il futuro”. Non più chiusura ma apertura. A sé, definito dal rapporto con la trascendenza che lo abita, dalla traccia dell’immagine di Dio. Agli altri come parte di sé, fondamentali per la propria realizzazione. Osservazioni che ricordano il beato Cardinal Newman, sostenitore del primato della coscienza. La storia croata ha avuto nel cardinale Stepinac l’esempio di un uomo dalla “salda coscienza cristiana” che gli ha permesso di opporsi a ogni totalitarismo, al nazismo prima e al comunismo poi. Difensore della “verità e del diritto dell’uomo di vivere con Dio”, Stepinac è stato anche un “uomo di un umanesimo esemplare, dipendente dalla presenza di Dio”. La memoria della sua vita rende chiaro che è “nella formazione delle coscienze che la Chiesa offre alla società il suo contributo più proprio e prezioso”. Una formazione in cui ha grande importanza la “logica della gratuità”, in ogni ambito, dalla famiglia allo sport alle relazioni sociali. Nella “nascita di un’università, o di un movimento artistico, o di un ospedale”, ha detto il Papa, è racchiuso “un dinamismo” di cui occorre comprendere “il perché e il come ciò sia avvenuto. Alla base di tutto ci sono delle persone, delle coscienze, mosse dalla forza della verità e del bene”. Per questo la coscienza è un punto cruciale. Dal dinamismo, realtà spirituale che diventa culturale e quindi sociale, che si gioca nella coscienza, dipende la possibilità della vita buona.