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Dal Papa

Fonte:
CulturaCattolica.it

L’operare diretto e attuale di Dio nel mondo. E’ questo che ho visto nella piazza San Pietro, il giorno della beatificazione di papa Giovanni Paolo II. L’operare diretto di Dio, nella mia storia personale, nella storia della mia famiglia, con la quale sono andato a Roma, nelle singole vite di ciascuna delle persone presenti in quella piazza vivace di gente, di popoli e di colori, e nelle piazze intorno. L’operare diretto e concreto, che ci ha fatto alzare nel pieno della notte per andare a ringraziare, per aver incontrato quel papa assieme al quale siamo cresciuti, che ha fatto dormire molti altri sul selciato di via della Conciliazione o del circo Massimo, che ha fatto affrontare altri ancora, da tutto il mondo, viaggi estenuanti e grandi difficoltà. Solo per esserci, solo per ringraziare.
Siamo arrivati vicino alle mura di città del vaticano all’alba. Strade e mura silenziose. Un popolo in cammino, gruppi di persone in cammino che continuano ad arrivare, ininterrottamente, da ogni parte, con i loro zaini, con le loro storie, con le loro bandiere, dappertutto i colori bianco e rosso dei polacchi, tutti in silenzio, in cammino verso la piazza. Anche noi ci incamminiamo. Guardi le forze dell’ordine che fanno da argine ai pellegrini e vedi che ci fissano, quasi increduli, e leggi nei loro volti una domanda, ma cos’è che spinge a fare tutto ciò?
Tutt’intorno alla piazza, sotto al colonnato, a caratteri giganti, sono scritte due frasi pronunciate dal papa che hanno caratterizzato il suo lungo pontificato. “Spalancate le porte a Cristo”. “Non abbiate paura!”.
Lui per primo le ha spalancate. Ha permesso a Cristo di operare nel mondo, di cambiare il mondo, ha accompagnato e guidato le storie di ciascuno di noi presenti, che quando le abbiamo sentite, quelle frasi, eravamo giovani e avevamo la vita davanti, ha cambiato la vita di tanti altri a casa. Ha cambiato i destini dei paesi. Chi mai poteva pensare, all’inizio del pontificato, che quell’uomo, senza potere, senza eserciti, armato solo della fede in Gesù Cristo, avrebbe visto il popolo polacco rinascere dalle macerie del nazismo e del comunismo? La fede è qualcosa di concreto, agisce, magari in silenzio, non ci se ne accorge, ma Dio opera, continuamente.
A un certo punto, davanti a noi arriva una famigliola trafelata, padre, madre e un ragazzino disabile, che viene fatto accomodare su una seggiola. Si leggeva sui loro volti, fatica, stanchezza ma una grande felicità. Una signora polacca dà al ragazzo una bandierina bianca e rossa e lui comincia a sventolarla. Mi accorgo che portano tutti e tre la stessa maglietta bianca, con raffigurata una foto. Vi è rappresentato Giovanni Paolo II che abbraccia un bambino che gli sta quasi abbarbicato al collo. Azzardo con i genitori: “Era lui”? “Sì – mi fanno – E’ stato nel 1996. Da allora, il papa l’ha sempre protetto. E’ quasi impensabile pensare che eravamo qui quel giorno e ci siamo riusciti anche oggi. Siamo tornati per ringraziare”.
Ecco, penso che ciascuno di noi fosse lì perché colpito da un incontro concreto, con quel papa, ma attraverso lui, con Cristo e con la fede. La fede opera, cambia.
Così da quella piazza vivace, piena di colori, in preghiera, da quel popolo di pellegrini grati, si alzano dei palloncini rossi, si stagliano nell’azzurro del cielo, proprio sopra l’obelisco. Sotto vi è legato un cartello che si legge anche da lontano. “Grazie!”.

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