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Riscoprire il senso di Dio

Fonte:
CulturaCattolica.it

Le immagini che ci giungono dal Giappone sono agghiaccianti per la gravità dell’evento che ha colpito le popolazioni nipponiche e fanno sorgere spontanea una riflessione. Che l’uomo abbia progressivamente avuto accesso alla natura e ai suoi segreti è indiscutibile, ma ciò non significa che la domini e ne sia padrone, come ben si vede dalle sequenze che scorrono sui teleschermi. La tecnologia avanzata, l’efficienza dei sistemi di allarme, la capacità di previsione sono state soppiantate dall’imponderabile forza di una natura che si dimostra, in casi come questo, selvaggia, indomita e incontrollabile. L’evidenza del progresso scientifico-tecnologico, che ha permesso di contenere il numero delle vittime, si confronta con l’impossibilità di arginare ciò che sfugge ai calcoli e agli strumenti di indagine. Sicuramente tra qualche tempo avremo compiuto passi avanti e la tecnologia si sarà ulteriormente perfezionata, ma ancora resterà il dato inconfutabile che ci porta oggi a riconoscere che la realtà non è nelle nostre mani. Cosa significa questa affermazione per il nostro processo di conoscenza della realtà? Ha un valore positivo? L’accettazione di un elemento imprevedibile libera l’uomo da un ultimo inganno di bastare a se stesso e di risolvere da solo i termini della propria esistenza. È un’apertura alla trascendenza che svincola la conoscenza dalla strettoia inevitabile del limite umano. Lasciato alle proprie possibilità, l’uomo non può che soggiacere alla rigida misura di un esito, quasi sempre inadeguato perché mai pienamente corrispondente al proprio desiderio. La coscienza del limite è sempre un’apertura se la realtà non è chiusa nel circuito del finito. L’emergere, inevitabile, del senso religioso di fronte a fatti drammatici come il terremoto e lo tsunami in Giappone, è la strada per una risposta che prende atto della nostra precarietà su cui si è abbassata l’Onnipotenza di Dio. Per questo noi, chiamati alla solidarietà con chi è stato colpito dalla tragedia, abbiamo il compito di ricordare al mondo che Dio ha pietà per l’uomo al punto di donare il suo Figlio. A noi, indisturbati nel nostro comodo, si fa incontro la “tentazione dell’avere, dell’avidità di denaro, che insidia il primato di Dio nella nostra vita. La bramosia del possesso provoca violenza, prevaricazione e morte… L’idolatria dei beni non solo allontana dall’altro, ma spoglia l’uomo, lo rende infelice, lo inganna, lo illude senza realizzare ciò che promette, perché colloca le cose materiali al posto di Dio, unica fonte della vita. Come comprendere la bontà paterna di Dio se il cuore è pieno di sé e dei propri progetti, con i quali ci si illude di potersi assicurare il futuro?” Riscoprire il senso di Dio in ogni condizione di vita è origine di una posizione umana, disponibile agli altri e aperta all’insondabile Mistero che si affaccia, imprevedibile ma amico, nella vita.

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