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La testimonianza di un martire e la nostra quaresima

Fonte:
CulturaCattolica.it

La morte improvvisa e cruenta di Shahbaz Bhatti, Ministro pakistano, ucciso in un agguato il 1 marzo scorso, è il monito più forte che potessimo ricevere per iniziare il periodo quaresimale. Benedetto XVI ha definito “commovente” il sacrifico della sua vita e ha auspicato che “svegli nelle coscienze il coraggio e l’impegno a tutelare la libertà religiosa di tutti gli uomini e, in tal modo, a promuovere la loro uguale dignità”. Bhatti ha ricevuto dai genitori un’educazione cristiana e nel suo testamento spirituale racconta che, dall’età di 13 anni, aveva deciso di spendere le sue energie per porsi al servizio dei cristiani, specialmente i più poveri. “Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che le mie azioni, la mia vita, il mio carattere parlino di me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire”. Non aveva paura, lui cristiano, a fare il ministro in un paese musulmano. Era stato fra i pochi a battersi per la liberazione di Asia Bibi e come racconta l’on. Mario Mauro, “Batthi lascia un’eredità inestimabile non solo per la minoranza cristiana, ma per tutto il popolo pakistano. In poco più di due anni Shahbaz Bhatti ha permesso la realizzazione di riforme, o progetti di riforma, che fino a pochi anni fa potevano essere considerate proposte a dir poco visionarie. Grazie a lui il Pakistan stava incominciando a considerare seriamente la possibilità di eliminare quel complesso di norme noto come “leggi sulla blasfemia”, introdotte nel 1982 e nel 1986.” Bhatti ha operato molto per la libertà religiosa, per la difesa delle minoranze, per questo è stato ucciso. Ha pagato con il sangue la sua fede cristiana. La vita dei cristiani in Oriente e ora sempre di più nel mondo arabo è seriamente in pericolo. Quotidiano è il rischio della vita. La chiesa copta in Egitto, riferisce Asianews, pochi giorni fa ha subito un attacco violento in cui si contano due morti, quattro dispersi e la chiesa di un villaggio data alle fiamme da una folla di circa 4mila musulmani. Il XXI secolo si profila come il secolo dei martiri cristiani. Un martirio consumato nell’indifferenza di un mondo che pretende di fare senza Cristo, come disse Péguy. Un mondo così non si era mai visto. Dovremmo però renderci conto che la difesa dei cristiani coincide con una posizione assolutamente laica, una posizione di ragione. Finché un uomo sarà costretto a morire per la religione che professa non ci sarà libertà per nessuno, non ci sarà possibilità di costruzione se ci saranno sempre nemici da combattere. Difendere i cristiani significa difendere per tutti la libertà e la pace. Allora, in questo inizio di quaresima, facciamo nostre le parole di un santo del vicino Oriente. “Non ricordare più i miei peccati; se ho mancato, per la debolezza della mia natura, in parole, opere e pensieri, Tu perdonami, Tu che hai il potere di rimettere i peccati. Deponendo l'abito del corpo, la mia anima sia trovata senza colpa. Più ancora: degnati, o mio Dio, di ricevere nelle tue mani l'anima mia senza colpa e senza macchia quale una gradita offerta”. Per vivere questo tempo “come se Dio ci fosse”. Per ritrovarci “ai piedi della croce, senza vergogna”. (Bhatti)

(Shahbaz Bhatti, Cristiani in Pakistan. Nelle prove la speranza, Marcianum Press, Venezia 2008, pp. 39-43;
 S. Gregorio di Nissa “Vita di S. Macrina”)

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