Esigenza di libertà
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Il mondo assomiglia a una grande polveriera esplosa improvvisamente senza che alcun elemento, interno o esterno, abbia potuto tenerla sotto controllo. È stata l’Algeria a fare da detonatore nel mese di gennaio e, in breve tempo, nell’ Africa mediterranea a noi così vicina, il fronte della rivolta si è allargato. Tunisia, Egitto, Libia, Marocco, Yemen, Bahrein, Giordania, Iran. Mons. Martinelli, vicario apostolico in Libia, definisce gli ultimi avvenimenti come espressione di una crisi generazionale. I giovani, che hanno potuto conoscere un mondo diverso che gode di benessere e di libertà, non possono e non vogliono più accettare la sottomissione a cui un potere dittatoriale, o comunque invasivo e totalizzante, li ha costretti per decenni. Cercano il cambiamento, libertà e condizioni di vita migliori. Li ha aiutati il mondo della tecnologia. Internet li ha messi in contatto con noi, con l’invidiato Occidente. Ma le proteste del Cairo hanno avuto un'eco anche in Cina. Il Paese vive la forte contraddizione di un pluralismo economico cui non corrisponde la libertà di pensiero e di espressione politica. Il partito unico soffoca l'ansia di libertà cui i cinesi aspirano. La rivolta di piazza Tienanmen nel 1989 è stata il grido più tragico e alto giunto in Occidente. In questi giorni si sono riempite ancora le strade di Pechino e sono comparsi i gelsomini, i fiori simbolo della protesta nei paesi arabi. La domanda è la stessa. L’insopprimibile esigenza di libertà. Le rivolte nei paesi del sud del Mediterraneo ci mostrano chiaramente che il mondo è cambiato. Siamo a una svolta epocale, nulla sarà più come prima. Era sempre il 1989 quando cadeva il muro di Berlino e, a seguito, il comunismo nei paesi dell’Est. La misteriosità e la grandezza di quell’evento fu che avvenne in modo incruento, senza spargimento di sangue. Vi contribuì l’operosità e la testimonianza di Giovanni Paolo II che, da uomo di Dio, prestò la sua intelligenza e il suo impegno al Signore della storia. Oggi è già scorso troppo sangue per le strade de Il Cairo, di Bengasi, di Tunisi. Le rivolte sono dolorosamente sotto la cifra della violenza e non si riesce a intravvederne l’esito. Al loro termine ci sarà un mondo da ricostruire. Serviranno uomini capaci di guidare le richieste di libertà e di giustizia di interi popoli. Nei giorni scorsi le Chiese cristiane d'Europa hanno scritto alla rappresentante per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza della Unione Europea affinché la questione della libertà religiosa e dei cristiani nel mondo venga discussa dai Ministri degli Esteri europei. La libertà religiosa è un tema fortemente connesso ai fatti di questi giorni. Benedetto XVI, nel messaggio per la giornata mondiale della pace, ha presentato la necessità della libertà religiosa nel mondo ai fini di una vera convivenza pacifica. Il mondo arabo ha bisogno che la componente cristiana, connaturale ad esso perché il mondo arabo ha radici cristiane, si possa esprimere e possa dare il suo contributo. I luoghi di convivenza pacifica tra uomini di religioni diverse, come i conventi francescani, le opere di carità o il Centro di Studi Orientali Cristiani a Il Cairo dove i giovani cristiani e musulmani studiano fianco a fianco, dimostrano che l’umanità si incontra se libera da ideologie che la costringono in schemi predefiniti. Ci sono segni positivi, ma occorre la volontà di non soffocarli, di non far prevalere le differenze, l’impegno a proteggere le minoranze. Solo così si potrà trovare una strada.