Fratello Stalin e sorella Rai (Radio3)
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Quando ero piccolo, e dicevo qualche cosa di stonato, mia mamma mi diceva, con quel linguaggio che si faceva capire benissimo: «Tu parla quando pisciano le oche». Ho cercato di imparare la lezione, e di pensare prima di parlare, soprattutto quando le questioni in gioco sono di un certo rilievo. Mi è venuta in mente questo modo di dire di mia mamma il I° gennaio, ascoltando la trasmissione di RadioRai 3 Uomini e profeti. Il tema era La libertà, e l’invitato era Paolo Nori «che non è un teologo, neppure un filosofo. È uno scrittore, traduttore dal russo, uomo di teatro. Dietro la sua scrittura dal profilo volutamente quotidiano, “diaristica” quasi, si nasconde una forte tensione etica. In cui il desiderio di verità, esercitato con pudore, quasi occultato dietro un’ironia talvolta dura, fa frizione, quasi, con il desiderio di compassione» [così è presentato sul sito della Rai].
Ad un certo punto della trasmissione, dopo avere citato il tragico caso di Vanzetti, troviamo queste sue affermazioni (che potete comunque ascoltare, per sincerarvene di persona): «Perché ce l’avevano con Vanzetti? […] Vanzetti è stato una vittima dell’anticomunismo, dell’ondata repressiva del Presidente Wilson […], della necessità di trovare dei capri espiatori. In URSS negli anni ’30 era una dittatura, in America, sul finire degli anni ’20 era una democrazia. È meglio morire di fame innocenti, in manicomio, in una dittatura o morire sopra una sedia elettrica, innocenti, in una democrazia? Ecco, questa è una domanda cui rispondere è fatica».
Credo che morire innocenti sia sempre un crimine, e che nessuno voglia giustificare qualunque ingiustizia, per qualunque ragione. Ma non credo assolutamente che sia da mettere sullo stesso piano la morte di Sacco e Vanzetti con gli orrendi crimini di Stalin (come di ogni dittatura). È vero, questi intellettuali sono coloro che alzano la voce ogni qualvolta in America viene fatta una esecuzione capitale, tacendo vergognosamente di fronte alle migliaia (le stima parlano di 5000 morti all’anno) di condanne a morte in Cina.
E forse sono tra coloro che davanti al massacro dei cristiani di questi giorni non sanno dire una parola né di compassione né di sdegno o di protesta.
Non se ne può più di queste parole che sanno più di propaganda che di umana capacità di giudizio e di condivisione.
Amici, provate a prendere in considerazione il detto di mia madre.
P.S.: Guardando il sito di RadioRai3, ho trovato questo commento elogiativo alla trasmissione: «Grazie, rileggere con voi la bibbia e poter risentire con tranquillità le puntate è una meditazione che ci viene servita sulla parola di Dio. In una grande città, dove le parrocchie hanno rinunciato alle catechesi, preoccupate di riempire gli spazi della solidarietà sociale, siete la sola voce che educa il popolo di Dio. Bisognerebbe farvi conoscere nelle parrocchie; potreste essere un ottimo sussidio anche per i sacerdoti oltre che stimolo per i fedeli. M. P.» A dire il vero, di questi maestri non sappiamo molto che cosa farcene!