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La libertà presa alla lettera

Autore:
Colombo, Valentina
Fonte:
CulturaCattolica.it _ Tempi - 20 Luglio 2010
Il teologo riformista Abu Zayd sosteneva un’interpretazione allegorica del Corano. Un ardire che gli costò l’accusa di apostasia, l’esilio e l’isolamento sociale.

Nonostante la condanna per apostasia da parte dell’estremismo islamico. Nonostante la medesima condanna inflittagli da parte di un tribunale civile egiziano. Nonostante l’esilio forzato in Olanda. Nonostante tutto questo Nasr Hamid Abu Zayd, il più importante teologo riformista dell’islam, è riuscito a morire nel suo Egitto. Il 5 luglio ci ha lasciati una delle menti più straordinarie e coraggiose dell’islam contemporaneo. Non solo. Ci ha lasciati anche uno studioso dalla straordinaria vitalità e dall’infinita umanità. Non dimenticherò mai il giorno in cui lo incontrai per la prima volta nel suo ufficio dell’Università di Leiden in Olanda. Dopo pochi istanti mi resi conto di trovarmi innanzi a un grande amico, un amico cui brillavano gli occhi mentre ascoltava i racconti del mio ultimo viaggio in Egitto e degli incontri con scrittori che scoprimmo essere amici comuni, un amico che tra un dolcetto e l’altro (era golosissimo di tiramisù) ti trasmetteva il suo immenso sapere. Un sapere profondo, un’intelligenza sopraffina, una vita all’insegna del libero pensiero.
Il suo amore per la libertà gli era costato caro. Il 14 giugno 1995 la Corte d’Appello del Cairo aveva emanato una sentenza in cui Abu Zayd veniva dichiarato apostata e in quanto tale veniva “divorziato d’ufficio” dalla amatissima moglie Ebtihal Younes, docente di Letteratura francese all’Università del Cairo. La sentenza era stata poi confermata dalla Corte suprema. Abu Zayd era stato quindi interdetto dall’insegnamento, proprio lui che ripeteva come un motto “il protagonista è lo studente”. La sua vicenda ha da subito assunto i contorni dell’assurdo per vari motivi, primo fra tutti il fatto che Abu Zayd si è sempre dichiarato un musulmano praticante e che le sue idee non sono altro che la diretta conseguenza di quelle della scuola mu’tazilita, la prima scuola di liberi pensatori nel mondo islamico. Un altro dato assurdo è che la condanna per apostasia non è arrivata direttamente da un imam (non era una fatwa) bensì da un tribunale civile. Lo stesso Abu Zayd nella sua autobiografia Una vita con l’islam (Il Mulino, Bologna, 2001) ha ben spiegato il ragionamento che sottendeva all’azione legale: «Nasr Abu Zayd è nato musulmano ed è stato registrato come musulmano. Alcuni fidati giuristi hanno dimostrato che alcune sue opere sono un’espressione di apostasia. Non è lecito che un non musulmano sposi una donna musulmana. Se lui è un apostata, allora il matrimonio infrange le leggi di Dio ed è contrario all’interesse generale. Dunque la moglie musulmana deve essere separata dal marito non musulmano».
Ma Abu Zayd è stato soprattutto accusato di avere descritto il Corano come un prodotto culturale e negato la sua eternità nella Tavola ben custodita. È stato accusato di considerarlo un testo linguistico e di avere descritto le scienze coraniche come un’eredità reazionaria, di avere negato l’autenticità della tradizione e di avere sostenuto che bisogna emanciparsi dall’autorità dei testi religiosi. Tutte queste ragioni gli hanno valso l’accusa di miscredenza. Uno dei suoi testi più discussi è Il significato del testo. Studio delle scienze coraniche, dove già nell’incipit nel primo capitolo si trovano alcune delle affermazioni “incriminate”: «Il Corano è un testo linguistico che possiamo definire un testo centrale nella storia della cultura araba. Senza volere semplificare possiamo descrivere la civiltà arabo-islamica come la civiltà del testo poiché si tratta di una civiltà che si fonda sul testo parimenti alle sue scienze e alla sua cultura. Ciò non significa che il testo è la fonte esclusiva di questa civiltà, poiché nessun testo, qualunque esso sia, può essere né la fonte esclusiva della civiltà e della cultura. (…) Se la civiltà si fonda su un testo non c’è dubbio che l’interpretazione – che rappresenta una parte del testo stesso – sia uno dei meccanismi fondamentali di produzione della conoscenza. (…) nel momento in cui un testo occupa un luogo privilegiato in seno a una data cultura o civiltà, darà necessariamente luogo a varie letture e interpretazioni».

L’impostazione mu’tazilita

Quella di Abu Zayd è evidentemente una impostazione mu’tazilita, scuola che proponeva l’interpretazione allegorica del testo coranico, Corano che va situato nel contesto in cui è stato rivelato e che non può essere increato ed eterno al pari di Dio perché altrimenti inficerebbe l’unità divina.
Pur essendo nel frattempo rientrato qualche volta fugacemente in Egitto, le conseguenze del suo processo sono state tangibili sino all’ultimo. Nel dicembre scorso fu invitato dall’Associazione culturale e sociale delle donne del Kuwait a tenere due lezioni sull’islam e sulla democrazia. Una volta giunto all’aeroporto di Kuwait City scoprì che il ministero dell’Interno aveva proibito il suo ingresso nel paese. Il fatto ha scatenato le ire e le reazioni del fronte liberale e un acceso dibattito anche in seno al Parlamento. Il deputato estremista islamico Walid Tabtaba’i, confermando la sua impostazione ultraconservatrice, ha immediatamente dichiarato di stupirsi innanzitutto dell’invito e ribadito che «il Kuwait non ha bisogno di importare certe idee e che questa visione radicale della religione è aliena» alla società kuwaitiana e quindi non benvenuta.
Il deputato Mohammad al-Mutair ha confermato l’apostasia di Abu Zayd sostenendo che «una persona blasfema e rispettosa della religione come Abu Zayd non è benvenuta in Kuwait perché corrompe la nostra società». Accuse che ribadiscono che una condanna per apostasia non solo può condurre alla morte fisica, ma soprattutto a quella sociale. Anche al suo funerale nella cittadina di Quhafa poche persone erano presenti. Eppure Nasr ha segnato una svolta epocale, una rivoluzione copernicana nel mondo islamico, ha fatto e continuerà a fare scuola e sono certa che la forza del suo pensiero continuerà a propagarsi nel mondo islamico attraverso i suoi discepoli e le persone che lo hanno anche solo incrociato.

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