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Appendice a quer pasticciaccio brutto…

Autore:
Spinelli, Stefano
Fonte:
CulturaCattolica.it

Si naviga a vista. Neppure il decreto “salva liste” governativo-presidenziale è stato capace, per il momento, di salvaguardare il voto dei laziali.
Il TAR del Lazio, infatti, nell’esaminare l’istanza di sospensione del provvedimento di esclusione della lista PDL alle prossime elezioni regionali in Lazio, ha deciso che il decreto interpretativo autentico della legge elettorale 108/1968 non si applicherebbe alla regione Lazio che, pur non essendo a statuto speciale ma ordinario, ha però «dettato proprie disposizioni in tema elettorale», quindi «a seguito dell’esercizio della potestà legislativa regionale, la potestà statale non può trovare applicazione nel presente giudizio».
Che è come dire che la regione Lazio sarebbe una zona franca rispetto alle regole elettorali generali applicabili a tutte le altre elezioni regionali. Infatti, la legge 108/1968 si intitola espressamente “Norme per le elezioni dei Consigli regionali delle Regioni a statuto normale” (tra cui anche la Regione Lazio).
La riforma del Titolo V della Costituzione, attuata con legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, ha effettivamente assegnato alle Regioni una potestà legislativa residuale, ossia relativa “ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato” (allo Stato sono state riservate le leggi elettorali degli organi dello Stato e la legislazione elettorale di Comuni, Province e Città metropolitane). Dunque è competenza delle singole Regioni legiferare in ordine alla disciplina da applicarsi per le elezioni degli organi regionali e l’art. 122 Cost. stabilisce che “il sistema di elezione” degli organi regionali è disciplinato con legge della Regione nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica. La Regione Lazio ha esercitato detto potere adottando una propria legge elettorale.
Ma non credo basti affermare ciò per escludere automaticamente l’operatività della legge generale nazionale in ambito regionale. Occorre vedere il contenuto concreto della legge regionale assunta.
Premetto che non ho letto la sentenza del TAR Lazio, se non per quanto riportato sui giornali e sui principali siti di aggiornamento on line (ove non ho trovato il testo).
Premetto quindi che le seguenti considerazioni costituiscono solo una primissima analisi della vicenda, che potrebbe essere oggetto di ulteriore approfondimento.
Ma andando a spulciare i testi normativi parrebbe che la norma generale sia ancora applicabile alla regione Lazio.
Penso che il TAR, parlando di esercizio da parte della Regione della potestà legislativa in tema elettorale, faccia riferimento alla Legge regionale Lazio, 13 gennaio 2005, n. 2, “Disposizioni in materia di elezione del Presidente della Regione e del Consiglio regionale e in materia di ineleggibilità e incompatibilità dei componenti della Giunta e del Consiglio regionale”.
Ebbene, l’art. 1 della legge regionale recita: “All’elezione del Presidente della Regione e del Consiglio regionale si applicano le disposizioni della presente legge. Per quanto non espressamente previsto, sono recepite la legge 17 febbraio 1968, n. 108 (Norme per la elezione dei Consigli regionali delle Regioni a statuto normale) e la legge 23 febbraio 1995, n. 43 (Nuove norme per la elezione dei consigli delle regioni a statuto ordinario), e successive modifiche e integrazioni. Si applicano, inoltre, in quanto compatibili con la presente legge, le altre disposizioni vigenti nell’ordinamento in materia”.
Pare dunque chiaro che, pur avendo esercitato la Regione Lazio la propria potestà legislativa, essa stessa ha ritenuto di riferirsi, per quanto non espressamente regolato in deroga, alla legge elettorale 108/1968, oggetto dell’interpretazione autentica dell’attuale decreto legge.
Quest’ultimo quindi pare perfettamente applicabile anche alla Regione Lazio.
Poiché, da un rapido esame della normativa regionale, non sembra via sia alcuna regolamentazione espressa (in deroga alla legge elettorale o comunque diversamente da essa) delle modalità di presentazione delle liste presso gli Uffici centrali regionali, se ne dovrebbe dedurre la piena applicabilità dell’art. 1, comma 1, del decreto legge 29/2010.
Né potrebbe sostenersi che, una volta intervenuta la regolamentazione regionale, sarebbe precluso allo Stato di intervenire in materia. Infatti, nella fattispecie, si è in presenza di una interpretazione autentica, che si chiama così proprio perché spetta all’organo che ha emanato l’atto da interpretare (ossia lo Stato). La validità della l. 108/1968 anche a livello regionale, così come interpretata autenticamente dall’organo originario, è data dal richiamo espresso della legge statale da parte della stessa legge regionale: “è recepita la legge 108/1968”. Si rinvia quindi non ad una singola norma, bensì “alla stessa fonte produttiva della norma”, e quindi anche “a tutte le successive statuizioni provenienti dalla fonte stessa” (Mortati, Istituzioni di diritto pubblico, Cedam 1975, 319)
In ogni caso, veramente si pensa che tutto questo disquisire tecnicamente e questa acredine verso la partecipazione di un soggetto politico alle elezioni, sia una occasione di crescita democratica?
Almeno avanzo il beneficio del dubbio.

Stefano Spinelli

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