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Haiti e l’altra parte del mondo

Fonte:
CulturaCattolica.it

“Il Signore è giudice e presso di Lui non c’è preferenza di persone. Non è parziale con nessuno contro il povero, anzi ascolta proprio la preghiera dell’oppresso. Non trascura la supplica dell’orfano, né la vedova, quando si sfoga nel lamento. Chi venera Dio sarà accolto con benevolenza. La sua preghiera giungerà fino alle nubi. La preghiera dell’umile penetra le nubi, finché non sia arrivata non si contenta; non desiste finché l’Altissimo non sia intervenuto, rendendo soddisfazione ai giusti e ristabilendo l’equità” (Siracide). Di fronte alla tragedia di Haiti, al disastro che ha colpito popolazioni già povere e prostrate, viene da chiedersi perché. Chi può rendere giustizia? Le parole del Siracide aiutano a guardare ai volti impauriti dei bambini sopravvissuti, al lamento e alla disperazione di chi ha fame e sete. Dio non trascura la preghiera del povero, dell’orfano e della vedova. A questa risposta stanno dando voce e mani i medici, gli operatori, i soldati che si sono recati ad Haiti. Dio raggiunge l’uomo nei modi più disparati e la storia non si comprende seguendo il filo delle apparenze. Il gesto di Fiammetta, volontaria di AVSI, che è rimasta sull’isola a lavorare e ha affidato ai nonni, in Italia, il figlio Alessandro di due anni ha colpito per la sua gratuità e dedizione. Cosa spinge l’uomo a sacrificarsi per altri uomini? Cosa permette il dono di sé disinteressato? Solo l’avere un Padre comune giustifica razionalmente e fino in fondo questa carità, un Padre che ci ha chiesto di essere perfetti come Lui. Questo Dio misericordioso, che agisce nella storia e ci raggiunge dandoci la grazia di riconoscerLo. “Ecco come è bello e come è dolce che i fratelli vivano insieme”. La carità operosa regala dolcezza e bellezza alla vita, come recita il salmo 133, aiuta a guardare al futuro . In tutt’altro contesto lo ha citato Benedetto XVI visitando la sinagoga di Roma, invitando ebrei e cristiani a una “testimonianza comune per il bene dell’umanità”. L’incontro ha fatto memoria di ferite profonde della storia del secolo scorso: l’antisemitismo, la Shoah. E in mezzo a tanto orrore e dolore, anche in questo caso, gesti eroici di carità, compiuti a rischio della vita. L’apertura al futuro è in un compito che ha nel Decalogo il suo fondamento, “messaggio etico di valore perenne per Israele, la Chiesa, i non credenti e l’umanità intera; per preparare o realizzare il Regno dell’Altissimo nella cura del creato affidato da Dio all’uomo perché lo custodisca responsabilmente”. “Le “Dieci Parole” chiedono il rispetto, la protezione della vita, contro ogni ingiustizia o sopruso, riconoscendo il valore di ogni persona umana, creata a immagine e somiglianza di Dio... chiedono di conservare e promuovere la santità della famiglia”. Su questo terreno ebrei e cristiani possono camminare insieme per il bene dell’umanità.
Haiti e gli Ebrei: in comune il destino e il bene dell’uomo, da ricercare con giustizia e pietà.

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