Natale: un’occasione per allargare la ragione
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Si ripete frequentemente in questi giorni che, sia nella discussione politica che nel pensiero comune, domina la contrapposizione bene-male. Siamo diventati di nuovo manichei, non per spirito religioso, come un tempo, ma per un’astrattezza di pensiero e un accanito moralismo. Una sorta di censura sulla realtà che, lealmente considerata, indica che bene e male non stanno mai da una parte sola. Tanti i propositi per liberarci da questo clima avvelenato, ma non è difficile riconoscere in questi solo buone intenzioni. Manca l’indicazione di una strada per l’azione. La quotidiana informazione è priva di un pensiero forte, fondato su una considerazione dell’uomo al contempo realista e positiva, che cerchi la verità e non la giustificazione delle proprie opinioni. Manca non perché non ci sia, ma perché non è accolto. Il dramma della umana libertà si gioca, infatti, su una presenza, non su un’assenza. Nella catechesi di mercoledì, Benedetto XVI ha presentato la figura di Giovanni di Salisbury, della scuola filosofica medioevale di Chartres, riproponendo la domanda che il filosofo si è posto in una sua opera: che cosa può conoscere la ragione umana? Fino a che punto essa può corrispondere all’aspirazione alla verità che c’è in ogni uomo? Giovanni vedeva nelle conoscenze raggiunte dalla ragione il limite, la finitezza e la perfettibilità della natura umana. “Solo in Dio vi è una scienza perfetta, che viene comunicata all’uomo, almeno parzialmente, per mezzo della Rivelazione accolta nella fede, per cui la scienza della fede, la teologia, dispiega le potenzialità della ragione e fa avanzare con umiltà nella conoscenza dei misteri di Dio”. Proprio questo patrimonio di conoscenza è oggi disatteso. Così la conoscenza resta debole, preda degli individualismi o di quella che Giovanni di Salisbury, definiva la tirannia del principe e il Papa chiama la dittatura di un relativismo che “non riconosce nulla come definitivo e lascia come ultima misura soli il proprio io e le sue voglie”. L’uomo non riconosce più la ferita originaria del peccato originale e non avverte più la necessità della salvezza. “Nella nostra epoca si assiste a un preoccupante “scollamento” tra la ragione, che ha il compito di “scoprire i valori etici legati alla dignità della persona umana”, e la “libertà che ha il dovere di promuoverli”. Da qui tante contraddizioni nella vita sociale e politica, nella cultura e nella scienza. Ma c’è un altro modo di “usare la ragione, di essere sapienti, quello dell’uomo che riconosce chi è, riconosce la propria misura e la grandezza di Dio, aprendosi nell’umiltà alla novità dell’agire di Dio”. Il Natale è questa novità dell’agire di Dio, è occasione di apertura della ragione. “Accettando la propria piccolezza, facendosi piccolo come realmente è, arriva alla verità. In questo modo anche la ragione può esprimere tutte le sue possibilità, non viene spenta, ma si allarga, diviene più grande”.