Berlusconi: quando l'avversario politico diventa nemico
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L’informazione tutta, dovrebbe fare una riflessione su quanto accaduto a Berlusconi il 13 dicembre, ma temo sarà un’occasione persa.
Ci vorrebbe l’onestà e il senso di responsabilità per fare un - passo indietro e palla al centro – perché quanto è accaduto non può essere liquidato né con un – si tratta di uno squilibrato – perché bisognerebbe capire a quale fonte d’odio si abbeverano gli squilibrati, né, con un - in fondo se l’è cercata – perché il nostro è un paese democratico, in cui ci sono libere elezioni, in cui esiste un’opposizione, che ha la possibilità e il dovere di criticare, di fare nuove proposte per fare meglio di chi ci governa, se poi anziché fare proposte occupa il tempo e le energie in altro, questo è un male per tutti.
Quello che NON si deve fare, in nessun caso è essere “tiepidi” nella condanna del gesto, non è possibile in nessun caso sminuire la gravità di quanto accaduto, perché a tutti deve essere chiaro che non esistono nemici politici ma solo avversari, persone che la pensano in un altro modo, con le quali dialogare, anche aspramente, ma civilmente.
Deve far pensare e anche preoccupare, che ci siano persone disposte a difendere i tori uccisi nelle corride, le foche abbattute a bastonate, le tigri che lavorano nei circhi, e poi davanti ad un atto di violenza capaci di sminuire o di dire: - sì in fondo…
Abbiamo già vissuto questo clima e non abbiamo ancora finito di pagarne le conseguenze, Dio non voglia si ripetano errori già fatti.
Scriveva stamane Mario Calabresi su La Stampa: “Ci sono momenti in cui bisognerebbe abolire due parole: ma e però. L’aggressione di un uomo, in questo caso di un primo ministro, è uno di quelli. Di fronte alla violenza non possono essere accettate subordinate, ammiccamenti o tanto meno giustificazioni. Il giorno che la politica italiana tutta lo avrà compreso fino in fondo, allora sarà davvero matura.”