L'islam a scuola? Non di questo ha bisogno l'uomo
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La Mostra itinerante, sulla Via Di Damasco, San Paolo Apostolo delle genti, è stata visitata da molti alunni delle scuole elementari, vedere la loro attenzione e il loro entusiasmo è stato davvero commovente e per certi versi un richiamo a tornare ad avere quello sguardo che l’età adulta ci fa smarrire.
Tra gli alunni che hanno visitato la mostra, anche alcuni bambini musulmani, i genitori si sono affidati agli insegnanti e hanno giudicato che non ci fosse nulla che poteva ledere l’integrità dei loro figli. La conoscenza non poteva nuocere loro e nessuno avrebbe cercato di indottrinarli.
L’attenzione e l’entusiasmo di questi bambini è stato pari se non superiore a quello dei loro coetanei, affascinati dalla figura di questo uomo e dei suoi amici, dall’avventura rappresentata dai suoi viaggi e dal suo desiderio di portare a tutti nel mondo l’annuncio di quanto aveva incontrato.
A Milano, alcune mamme si trovano il pomeriggio a fare merenda e a bere il te, mentre i loro figli giocano, sono italiane, marocchine, egiziane, si scambiano impressioni, ricette, nozioni sul modo di vivere e di affrontare il mondo.
Ecco, perché la discussione di questi giorni sull’introduzione della la religione islamica a scuola è a mio avviso, sbagliata e faziosa, e non sono i musulmani a chiederlo. A scuola non si fa - il catechismo della religione cattolica - quello si fa in oratorio, nelle Chiese e nelle sacrestie. A scuola chi si avvale dell’ora di religione impara le nozioni della cultura cattolica, indispensabili per capire il paese in cui si vive, indispensabili a tutti …
Ecco allora che non è di religione musulmana che abbiamo bisogno, ma di persone desiderose di conoscere le culture del mondo e quindi prima di tutto delle persone con cui si passa la giornata, abbiamo bisogno di insegnanti che facilitino questa conoscenza.
La scuola dovrebbe insegnare cultuara e letteratura, italiana, francese, inglese, araba, perché l’integrazione ha bisogno di conoscenza, più che di obblighi, più che di leggi, ha bisogno di intelligenza.
Non è dell’ora di religione musulmana che abbiamo bisogno, ma di un’educazione al bello, far scoprire agli alunni, italiani e no, che c’è una bellezza, da incontrare, che ci sono paesi dove essere donne e poeta è molto difficile, che ci sono paesi dove per fare letteratura bisogna avere coraggio, ma che queste persone ci sono e sono un valore per tutti.
Pensate che convenienza per tutti, la lettura di poesie di poeti egiziani, libanesi, marocchini, conoscere la vita di autori coraggiosi che hanno magari dovuto rinunciare a vivere nel loro paese, per poter scrivere con libertà.
Insegniamo ai nostri figli, ai nostri alunni, a conoscere il paese dove vivono, a rispettarne la cultura, le tradizioni, le leggi, perché le piazze e i monumenti, gli edifici e i volti non siano estranei a loro, ma raccontino ad ogni passo un pezzo di storia del luogo dove vivono, di questo abbiamo bisogno, non di boutade fatte per - compiacere il sultano -
Dice una poesia di Nizar Qabbani, poeta Siriano, Se mi fosse concessa l'impunità
[...]
Se mi fosse concessa l'impunità,
se potessi incontrare il Sultano
gli direi: signor Sultano
i tuoi cani feroci hanno lacerato la mia veste
e i tuoi inquisitori sono sempre alle mie calcagna...
(...)
Interrogano la mia donna,
segnano i nomi dei miei amici...
Signor Sultano,
per essermi avvicinato alle tue sorde mura,
per aver tentato di mettere a nudo il mio dolore e il mio tormento, sono stato picchiato con una scarpa.
Mio signore, signor Sultano,
hai perso la guerra due volte
poiché metà del nostro popolo non ha lingua...
Che valore può aver un popolo che
non ha lingua?
Poiché metà del nostro popolo
è chiusa come la formica e il topo
all'interno di mura...
Se qualcuno mi mettesse al sicuro
dai soldati del Sultano
gli direi:
hai perso la guerra due volte
poiché ti sei staccato dalla causa dell'uomo...
Da: Note sul quaderno del disastro (traduzione di G. Canova)
E’ appunto dalla causa dell’uomo che non dobbiamo mai staccarci, non è di consensi che la politica ha bisogno, ma di uomini, generazioni di uomini, liberi di guardare alle cose belle e buone, là dove si trovano.