Quando la legge la fa il giudice
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Come noto, il TAR Lazio, nella sentenza 8650 del 12 settembre 2009, ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione sul ricorso che chiedeva l’annullamento del provvedimento del Ministro Sacconi, con il quale - a seguito della sentenza della Cassazione n. 21748/08 (quella su Eluana) - sono stati dettati alle Regioni indirizzi volti a garantire la nutrizione e l’alimentazione nei confronti delle persone in Stato Vegetativo Persistente. Ciò significa che il T.A.R. non aveva il potere di decidere e che solo un malato o un familiare che ritenesse leso il proprio asserito diritto soggettivo (che i giudici hanno autonomamente individuato quale diritto di autodeterminazione sulla vita) potrebbe semmai agire presso un giudice ordinario (come già avvenuto con esito purtroppo fatale).
Dunque, gli indirizzi di Sacconi sono tuttora validi ed operanti, nonostante quanto si è scritto e letto in questi giorni sui giornali, secondo cui, a seguito di detta sentenza, l’alimentazione non potrebbe più essere imposta neppure per legge (come se il T.A.R., ossia un giudice che dovrebbe applicare la legge, potesse impedire al parlamento di esercitare la propria funzione costituzionale e di approvare la legge oggi in discussione).
Questo è il grado di confusione oggi esistente in materia.
E’ bensì vero, d’altra parte, che pur dichiarando il ricorso inammissibile, il T.A.R. Lazio ha ribadito l’esistenza del diritto soggettivo di ciascuno di autodeterminare il proprio fine vita, riesumando le considerazioni della citata sentenza della Suprema Corte e desumendolo dagli artt. 2 e 32, comma 2, Cost., sul diritto di rifiutare i trattamenti sanitari; mentre si ritiene che il diritto di decidere ex ante della propria morte, imponendo alla comunità sociale di eseguire detta volontà, sia tutt’altra cosa dal diritto alla salute, anche riguardato nel suo aspetto negativo di rifiuto di trattamenti medici, in quanto nella fattispecie detto rifiuto - non a cure, ma a sostegni vitali - incide sullo stesso diritto alla vita, che è un diritto personalissimo e sinora indisponibile.
Allora, si vuole qui evidenziare una ben precisa tendenza della magistratura: quella di utilizzare al massimo grado la cosiddetta funzione ermeneutica (interpretativa dell’ordinamento giuridico), anche accettando il rischio che essa possa scadere in funzione creativa dell’ordinamento giuridico (quando il collegamento con il dato di legge da applicare è talmente labile e lontano – o addirittura contrastante – da rendere la sentenza, a sua volta, una vera e propria norma che innova l’ordinamento giuridico).
Gli esempi non mancano
Un recente provvedimento del Tribunale di Bologna, su ricorso cautelare depositato il 1° luglio 2008 (R.G. 11489/2008), ha accolto la richiesta di una coppia di ottenere l’accesso alla procreazione medicalmente assistita, previa diagnosi preimpianto degli embrioni prodotti (al fine di trasferire solo quelli non affetti da patologie di cui la donna è portatrice). Si tratta di una forma di selezione degli embrioni, espressamente vietata e sanzionata anche penalmente dall’art. 13, comma 3, lett. b e comma 4, della l. 40/2004). Nella sentenza si richiama la sentenza 151 del 2009 della Corte Costituzionale, che ha interpretato in modo “costituzionalmente orientato” l’articolo di legge (dichiarando la sua incostituzionalità nella parte prevedente il limite numerico di tre embrioni da produrre, per asserito contrasto con il diritto di salute della donna).
Nel provvedimento del giudice felsineo – si ritiene – si va ben oltre la mera funzione interpretativa (anche attingendo all’interpretazione offerta dalla Consulta, che non giustifica comunque la selezione degli embrioni).
Altro esempio, viene sempre dal T.A.R. Lazio, che nella sentenza 7076 del 17 luglio 2009 ha sostenuto che l’insegnante di religione non può partecipare a pieno titolo agli scrutini scolastici, né può far conseguire crediti formativi agli studenti avvalentisi, per presunta disparità di trattamento nei confronti di quelli non avvalentisi.
Detta conclusione non è però suffragata da alcuna norma giuridica. Anzi, la norma giuridica esiste (art. 9 della l. 121/85) ed assicura l’insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica. I giudici hanno ritenuto, con la sola interpretazione della norma “costituzionalmente orientata”, di poter far dire a quest’ultima qualcosa che non dice assolutamente (ossia che l’insegnante di religione non dovrebbe partecipare a pieno titolo agli scrutini).
In sostanza, si rileva una odierna tendenza giudiziale a riferirsi direttamente alla costituzione ed alla sua – più o meno estesa – interpretazione per innovare l’ordinamento giuridico mediante decisioni che assumono sempre più natura e contenuto di vere e proprie norme giuridiche, bypassando completamente il legislatore ed il parlamento nella funzione costituzionale loro riservata.
Si ritiene che detta tendenza ponga un problema all’ordinamento giuridico, almeno sotto due aspetti.
a) In primo luogo, la Costituzione contiene per la maggior parte norme di principio, ossia diritti enunciati genericamente o indirizzi programmatici da perseguire.
Ora, più la norma è di principio e più la sua gamma di possibili interpretazioni è vasta, arrivando sino a possibili contenuti che mal si conciliano con il testo letterale e probabilmente con la volontà costituente. Il pericolo è peraltro maggiore in quanto l’interpretazione è spesso frutto di un combinato disposto di principi.
b) Mediante detto meccanismo la costituzione viene quindi utilizzata per riempire vuoti normativi o per estrapolare dal magma interpretativo una specie di super norma, di valore costituzionale, rispetto alla quale conformare l’ordinamento vigente.
Sempre più spesso, cioè, il giudice, attraverso il suo controllo di costituzionalità cd. diffuso diventa – lui stesso – legislatore, pur non essendo egli rappresentativo della volontà popolare al pari del legislatore.
In tal modo si rischia di alterare il delicato equilibrio assicurato dal principio della separazione dei poteri.
Avv. Stefano Spinelli
Presidente dell’Unione Giuristi Cattolici Sezione di Forlì Cesena