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Il papa e Israele

Autore:
Guastalla, Guido
Fonte:
CulturaCattolica.it

La pubblicazione della lettera, su Il Foglio, certamente non protocollare, inviata dal Papa al Presidente dello Stato di Israele Shimon Peres, undici giorni dopo la sua storica visita in Terra Santa, in concomitanza con la promulgazione dell’enciclica Caritas in veritate (che potrebbe apparire casuale), ne è una ulteriore e apprezzabile testimonianza.
Chi segue non da oggi gli sforzi fattuali e l’impegno teologico del Cardinale Ratzinger oggi papa Benedetto XVI, non prova meraviglia e stupore nel leggere le espressioni cordiali, di calore ed affetto sinceri, che il papa rivolge attraverso il suo Presidente non solo ai cittadini di Israele ma al popolo ebraico più in generale.
Se, come dicevano i romani, Repetita juvant, è importante per il mondo sentire ripetute queste espressioni, ma lo è ancora di più per il cuore ebraico, ancora sofferente per secoli di emarginazione, di intolleranza, di disprezzo e di odio: noi sappiamo ed abbiamo sperimentato che le espressioni ed i gesti d’amore sono la medicina migliore per risanare ferite profonde e dolorose inferte al popolo ebraico nel corso di quasi duemila anni di storia.
Poiché però è difficile rimuovere i pregiudizi, non sempre in buona fede, vorrei ricordare un testo del lontano 2001 che l’allora cardinale Ratzinger volle premettere al documento della Pontificia Commissione Biblica Il popolo ebraico e le sue sacre scritture nella Bibbia cristiana: “Un congedo dei cristiani dall’Antico Testamento non solo avrebbe la conseguenza di dissolvere lo stesso cristianesimo, ma non potrebbe neppure essere utile ad un rapporto positivo fra cristiani ed ebrei, perché sarebbe loro sottratto proprio il fondamento comune”. Nell’esprimere il suo ringraziamento alla Commissione, il cardinale Ratzinger si augurava poi che questo documento offrisse “un importante ausilio per una questione centrale della fede cristiana e per la così importante ricerca di una rinnovata comprensione fra cristiani ed ebrei”.
Questa rigorosa coerenza o caparbietà teutonica (naturalmente in senso positivo) la ritroviamo nel Gesù di Nazaret, nel discorso della Sapienza, nella lettera indirizzata ai vescovi, così come precedentemente nel discorso ad Auschwitz-Birkenau. Il Gesù della storia “ebreo per sempre” contro il Gesù della fede, la continuità della tradizione giudaico-cristiana, contro la rottura e la separazione, l’innesto dell’olivo selvatico (le genti) sul tronco dell’olivo domestico (Israele).
Sul piano teologico, di una rivelazione e di una alleanza comune e diversa, il papa parla dell’amicizia fra “cristiani ed ebrei, una amicizia che si rinnovata e rafforzata nel corso della mia visita”; sul piano etico-politico “rinnovo - dice Benedetto XVI - a lei le mie assicurazioni di solidarietà dei cattolici nei confronti del popolo ebraico contro ogni antisemitismo, ideologia che la chiesa rifiuta fermamente e in modo inequivocabile”. Questa solidarietà si estende - continua il papa - al profondo orrore che noi tutti sperimentiamo in connessione allo sterminio dei sei milioni di ebrei da parte del regime nazista”. Questa volta spero saranno contenti anche quegli incontentabili che notarono l’omissione nel discorso papale al Memoriale dell’Olocausto del numero sei.
Nel ricordare poi il commovente incontro con i sopravvissuti della Shoah il papa esprime la sua “determinazione nel costruire i ponti di un’amicizia salda e duratura”.
Passando poi, sul piano di un realismo terreno, che non può che essere sinceramente apprezzato dal mondo ebraico, affronta i temi dell’estensione della pace in Medio Oriente anche al rapporto con i palestinesi e alle relazioni fra Santa Sede e Stato di Israele.
Il papa conclude la sua lettera con l’invocazione all’Onnipotente perché conceda “abbondanti benedizioni di pace e prosperità”.
Benedetto XVI si appresta in autunno a visitare il Tempio maggiore di Roma. Vogliamo rinnovargli l’auspicio che questa visita rinnovi nel ricordo il gesto di Giovanni Paolo II, e rafforzi ulteriormente quel rapporto di amicizia e di dialogo così mirabilmente espressi nel Salmo CXXXIII: “Ecco come è bello e come è dolce sedere tra fratelli che vivono d’accordo!”

Guido Guastalla
Assessore alla cultura
Comunità ebraica di Livorno

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