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La “stretta” sull’immigrazione, da parte del Governo.

Autore:
Spinelli, Stefano
Fonte:
CulturaCattolica.it

Possono soggiornare nel territorio dello Stato gli stranieri entrati regolarmente ai sensi dell’articolo 4, che siano muniti di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno rilasciati, e in corso di validità, a norma del presente testo unico o che siano in possesso di permesso di soggiorno”.
L’espulsione è disposta dal prefetto quando lo straniero: a) è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera e non è stato respinto ai sensi dell’articolo 10; b) si è trattenuto nel territorio dello Stato in assenza della comunicazione di cui all’articolo 27 , comma 1-bis, o senza aver richiesto il permesso di soggiorno nei termini prescritti, salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore, ovvero quando il permesso di soggiorno è stato revocato o annullato, ovvero è scaduto da più di sessanta giorni e non è stato chiesto il rinnovo”.
Quello citato non è il nuovo testo denominato “pacchetto sicurezza” approvato definitivamente dal Senato il 2 luglio scorso (ed in attesa di pubblicazione quale legge dello Stato), che fa tanto discutere in questi giorni.
E’ invece il testo del decreto legislativo 286 del 1998 (integrato con le norme della legge Bossi-Fini 189 del 2002), rispettivamente artt. 5 e 13. Ripeto: del 1998!
Essere clandestini è contro la legge, in Italia, dal 1998. Ciò comporta l’espulsione dello straniero extracomunitario irregolare. Non è una novità di oggi.
A volte occorre risalire alle origini dei problemi, perché ciò che si sente in questi giorni sul nuovo decreto del Governo è semplicemente incredibile.
Vi sono dichiarazioni – anche di alcuni Vescovi – secondo cui le nuove disposizioni “creerebbero problemi” agli stranieri non regolari, che hanno già i loro problemi e che possono considerarsi gli odierni “ultimi” del Vangelo. Mi chiedo – peraltro – se il modo di aiutarli veramente sia quello di farli permanere sine die come irregolari, sotto il cappio dell’espulsione, in una sorta di terra grigia, di terra di nessuno, ci sono ma non dovrebbero esserci; una sorta di esistenza come nuovi paria della nostra società opulenta (a dire il vero sempre un po’ meno); sfruttati solo nei posti di lavoro in cui conviene e finché conviene, nascosti sotto altro nome per non essere individuati, impossibilitati a stringere non dico amicizie, ma semplici rapporti umani, perché clandestini. Figuriamoci l’integrazione!
Purtroppo anche Avvenire (che pur domenica ha avuto un editoriale problematico, ma preciso) c’è “cascato”, con l’editoriale [di oggi – 7 luglio] di Riccardi sulla proposta di regolarizzazione delle badanti: “clandestine, irregolari. Forse non passibili di arresto perché la legge penale non è retroattiva. Ma da espellere, questo sì. Cosa potrà accadere, da domani, quando il pacchetto sicurezza entrerà definitivamente in vigore, in particolare per quanto riguarda il nuovo reato di immigrazione clandestina”?
Il problema esisteva già ieri e l’altro ieri e pure già da ben 10 anni, non da domani!
Il fatto è che il nuovo decreto del Governo ha fissato il reato di immigrazione clandestina: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, lo straniero che fa ingresso ovvero si trattiene nel territorio dello Stato, in violazione delle disposizioni del presente testo unico nonché di quelle di cui all’articolo 1 della legge 28 maggio 2007, n. 68, è punito con l’ammenda da 5.000 a 10.000 euro” (peraltro, la reclusione, il punto più problematico per gli aspetti messi in luce sulla deficitaria organizzazione carceraria, è stata sostituita con la previsione della sola ammenda; quindi nessun arresto, neppure per le badanti; e comunque non è prevista irretroattività del reato e dunque chi è già in Italia non può essere imputato).
Ossia, si è tentato di dare concretezza (anche in funzione disincentivante) al divieto di clandestinità già presente nel nostro ordinamento dal 1998 (infatti, la fattispecie di reato – seppur non reclusivo – favorisce giudizialmente le espulsioni).
Allora i casi sono due: o facciamo le leggi e scherziamo, perché tanto lo sappiamo che non vengono rispettate e poi si chiude un occhio, anche due, e lo Stato di diritto va a farsi friggere (salvo poi lamentarci che in Italia non funziona mai nulla, e che il provvisorio è definitivo, che le regole non sono mai rispettate, che chi fa il furbo ci guadagna sempre… e via di questo passo con i luoghi comuni); oppure abbiamo la forza di dire chiaramente che chiunque vuole venire in Italia lo può liberamente fare e che è sbagliato disporre l’espulsione dei clandestini (ma – a mio avviso – non sarebbe una buona politica, perché così non si aiutano gli stranieri: è chiaro che l’ottimo, il “principio” direbbe di accogliere tutti quanti, ma se la realtà concreta dice che questo non si può fare, perché non ci stiamo tutti, occorre fare i conti con la realtà, ed una buona politica deve mediare).
Naturalmente ho proposto uno spunto di riflessione, anche un po’ polemico, senza nascondere le perplessità su alcune parti della nuova legge (che non è mia intenzione qui affrontare), per dire chiaramente che mi pare preoccupante che in Italia, unico caso che mi consti, esploda una polemica per un fatto evidente, quale è l’affermazione che chi entra illegalmente nel nostro Paese commette un reato.

Avv. Stefano Spinelli, cassazionista.

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