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Spigolature: il buon senso allo sbaraglio

Fonte:
CulturaCattolica.it
Andar cercando un po’ qua e un po’ là, ecco ciò che si trova in TV

Martedì sera, 3 marzo, rientrando dagli esercizi spirituali di inizio Quaresima organizzati dalla mia Parrocchia ho acceso il televisore: a Porta a Porta discutevano di matrimoni misti. La Signora Livia Turco si è lanciata in una appassionata richiesta di una puntata sui molti matrimoni misti “felici” anziché parlare di quelli che falliscono, spesso per l’inconciliabilità culturale. Subito dopo è intervenuto in trasmissione un Avvocato matrimonialista specializzato in matrimoni misti ed ha affermato che in Italia sono circa 10.000 ogni anno, e di questi l’80% fallisce.
Ma la Signora Turco ha detto un’altra cosa interessante, quando ha affermato che il Governo, invece politiche di “rigetto” deve attuare misure di accoglienza, istruendo gli immigrati sui valori della nostra Costituzione e insegnando la nostra lingua, nel rispetto della nostra cultura e delle nostre Leggi, perchè è chiaro che venendo nel nostro Paese devono rispettare la nostra cultura a le nostre leggi. Ma allora perchè togliere i crocifissi dalle aule e dai luoghi pubblici?

Su RAI 3, alle 12,45 di mercoledì 4 marzo 2009, trovo Corrado Augias, conduttore di «Le storie – diario italiano», che intervista il Senatore Raffaele Calabrò sul tema del “fine vita” in discussione al Senato. Già sui termini da usare i due non sono d’accordo: Augias dichiara di preferire «testamento biologico» perché è una dicitura che richiama il concetto di testamento come previsto dal diritto romano, e cioè indicazione di volontà immutabili, che nessuno può cambiare, con validità addirittura sin dopo la morte. Analogamente anche nel caso di indicazioni di volontà sul fine vita, devono essere assolutamente intangibili. Il Senatore Calabrò replica che ritiene molto più corretta ed aderente alle situazioni reali, la dicitura «Dichiarazioni Anticipate di Trattamento», indicate dal bruttissimo acronimo DAT, perché sottende la facoltà della persona, se capace di intendere e di volere, o di un suo rappresentante se il soggetto è incapace, di adeguarle agli sviluppi ed alle scoperte della scienza medica avvenuti nel frattempo.
Ciò che mi ha molto disturbato non sono queste discussioni semantiche, anche se rivelano approcci differenti, ma due affermazioni del Signor Augias:
• Ha detto pressappoco Augias, «non vorrei che, come nel caso dell’aborto, gli italiani, in situazioni estreme, fossero costretti ad andare all’estero per poter esercitare un loro diritto». Questo è stato il cavallo di Troia per abbindolare non pochi, purtroppo, sull’aborto. Ma quale diritto? Ma che situazioni estreme! oggi lo chiamano “libertà della donna”, qualcuno addirittura “diritto della donna”. Piaccia o no è diventato un metodo di regolazione delle nascite, senza pensare all’eugenetica che si sta facendo strada. Augias & Co. non ci imbrogliate più.
• «Io a quella ragazza – ha detto Augias indicando una spettatrice – non posso fare nemmeno un graffio, ma per quel che riguarda me sono l’unico che può decidere della mia vita, in caso di malattia incurabile o molto dolorosa». Idratazione ed alimentazione “sì”, idratazione ed alimentazione “no”, è almeno in parte un falso scopo, l’obiettivo è l’eutanasia: non la sospensione dell’accanimento terapeutico, ma un intervento atto a procurare la morte. Augias pensa di essere il padrone indiscusso della sua vita, infatti... è stato Lui a decidere di nascere, e di nascere in quel preciso momento. Al di la della battuta, che per altro ha un importante fondamento di verità, qui è in gioco la concezione antropologica dell’uomo. O l’uomo si riconosce creatura, frutto voluto da un Altro, oppure, piaccia o no, saranno in gioco la vita e la solidarietà, quella “vera”. Abbiamo già cominciato con l’aborto e strumentalizzando la vicenda umana di Eluana.

In questi giorni girando in macchina ho sentito alla radio discussioni e commenti, persino nei giornali radio sulle dichiarazioni di José Mourinho, e la sua polemica, credo di aver capito, poco civile con Claudio Ranieri e non so chi altro. E giù sproloqui, disquisizioni, finte litigate pro ascoltatori, su tutte le reti, tutti i canali e a tutte le ore, ancora quattro giorni dopo “il fatto”. La notizia posso capirla, ma di più no. Tra l’altro, io non me ne intendo, ma mi pare di ricordare che Mancini è stato mandato via perché, vincendo il campionato, non ha saputo portare l’Inter in Europa; e Mourinho cosa ha fatto? Ed ancor meno capisco un esercito di signori in giacca e cravatta che si guadagna la vita alimentando le polemiche ed i pettegolezzi, perché è evidente che altro non si può fare cinque sei giorni dopo le partite. Allora anche qui non è questione di educazione che mette in causa la funzione della RAI, mezzo pubblico pagato con i nostri soldi? È proprio giusto sperperarli per far dire volgarità al festival di San Remo? O inutili scempiaggini in ore e ore di trasmissioni sul calcio? Capisco che l’audience porta pubblicità, ma merita il sacrificio totale del buon senso e della normale buona educazione? È indicativo di un annebbiamento di criteri oggettivi che molti chiedano di rivedere i compensi dei Manager, o le “pensioni d’oro” in questo periodo di crisi, ma nessuno è neppure sfiorato dal dubbio che è uno scandalo ed un insulto il compenso milionario di giocatori e allenatori?

Tuttavia questo è ancora poco rispetto a quanto descritto da Roberto Fontolan in un bellissimo articolo, “l’Europa del grande Fratello”, su “ilsussidiario.net – il quotidiano approfondito” – di cui riporto qui di seguito l’inizio.

«Qualche occhiata al Grande Fratello getta nel panico e nello sconforto. Raramente si può toccare così da vicino il disastro di qualche generazione di trentenni europei - occorre ragionare in questa chiave, data la circolazione continentale del format. L’ossessione per il sesso, e oltretutto un sesso primordiale, la coprolalia sfrenata, rapporti umani vissuti secondo le logiche della prepotenza o della sottomissione, ignoranza abissale, vouyerismo e psicologismo da quattro soldi. Cinque minuti davanti alle esibizioni della sventurata compagnia ti lasciano nella desolazione: cos’è, cos’è questa roba?»

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