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Preghiera islamica in Piazza Duomo. A far paura è l'indifferenza

Fonte:
CulturaCattolica.it
Ci spiacerebbe scoprire che si trattava di prove tecniche di colonizzazione islamica, che si trattava di una sfida e noi non l’abbiamo capito, eravamo troppo indifferenti per accorgercene.

“Conoscere l’islam. Incontrare i musulmani” è’ il titolo di un corso promosso da Diesse Lombardia, con il patrocinio dell’assessorato all’istruzione della Regione Lombardia, cui ho partecipato di recente, molto utile per capire un mondo come l’islam, complesso che comprende un miliardo e trecentomilioni di persone con molteplici appartenenze etniche, con usi e costumi differenti.
Un mondo guardato troppo spesso con occhi stereotipati, un mondo verso il quale spesso vi è diffidenza smisurata o apertura incondizionata.

Sia chiaro, non basta un corso per capire, non basta, ma è un inizio per cominciare a comprendere la complessità e le contraddizioni dell’islam dove religione e politica sono la stessa cosa, dove il profeta è al tempo stesso condottiero e legislatore, dove non esiste un’autorità religiosa unica e riconosciuta, ma chiunque può diventare un imam, può predicare ciò che ritiene opportuno e interpretare il Corano, dove l’autorità è sempre incontrastata e basta scrivere un libro con parole non consone per essere messi al bando e rischiare la pena capitale.

Questo corso dovrebbero farlo nei seminari, nelle scuole, negli oratori, nei corsi d’aggiornamento per insegnanti e assistenti sociali, volontari della Caritas, che ogni giorno si trovano a doversi confrontare con culture differenti e che spesso in buona fede, confondono, l’accoglienza con la rinuncia alla propria identità e al rispetto delle regole del paese in cui si vive.

Farebbe bene frequentarlo anche a qualche Vescovo a qualche arciprete, perché i fedeli non possono essere sempre invitati al dialogo, alla comprensione, all’accoglienza, senza mai dire quali sono le regole che devono essere condivise perché il dialogo e l’accoglienza siano proficui.

Ecco perché sottovalutare quanto accaduto in alcune piazze italiane sabato 4 gennaio a mio avviso è un errore.
Non si possono fare spallucce, e dire: "che saranno mai un migliaio di musulmani che in Piazza Duomo pregano rivolti alla Mecca?" I manifestanti in questione avevano il permesso per una manifestazione sulla guerra di Gaza che doveva terminare in Piazza San Babila.
Il prefetto stabilisce dove inizia, quale percorso fa e dove finisce una manifestazione, questa è la regola e va rispettata, anche dai musulmani.
Vogliamo fingerci ingenui e credere all’imam che sostiene che casualmente giunta l’ora della preghiera, si trovavano in Piazza Duomo e allora, eccoli a svolgere il loro compito, un posto vale l’altro?

Vogliamo fingerci ingenui e affermare che si avevano appena finito di bruciare bandiere ma erano fatte artigianalmente, poco più di lenzuoli bianchi con uno scarabocchio azzurro a forma di stella dipinto al centro, suvvia, che sarà mai?

Non dimentichiamo però tra un’ingenuità e l’altra, che per l'Islam, un luogo dove si prega diventa immediatamente sacroe nello stesso giorno si pregava anche a Bologna in Piazza Maggiore davanti alla Chiesa di San Petronio.
Qualche domanda dovremmo pur farcela.
Da qualche dubbio dovremmo pur lasciarci ferire.

Ci spiacerebbe scoprire che si trattava di prove tecniche di colonizzazione islamica, che si trattava di una sfida e noi non l’abbiamo capito, eravamo troppo indifferenti per accorgercene.
Scoprire che dovevamo allarmarci se non per i gesti compiuti, almeno per l’indifferenza con cui questi gesti sono recepiti, senza comprendere che i simboli per l’islam hanno un grande valore e che forse questi gesti hanno un regista che non stava certo in piazza, anche se a Milano guidava la manifestazione l’imam di Viale Jenner, condannato a tre anni e otto mesi per terrorismo (prosciolto per prescrizione)

Resta una domanda - e se domani un migliaio di fedeli cattolici si attardassero davanti ad una moschea a dire il vespero che accadrebbe?-
Provare per credere?
No, sarebbero additati come provocatori e condannati dagli stessi cattolici, giustamente, perché va rispettata la sensibilità altrui, rispettati i luoghi di culto.
Però resta il fatto, che sciolto il gruppo dei fedeli cristiani in preghiera, quel suolo non avrebbe cambiato padrone.

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