Vogliamo augurarci un buon 2009?
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Ci vuole coraggio ad augurarci un buon 2009. Coraggio o superficialità. Se consideriamo l’etimologia della parola, aver coraggio significa agire con il cuore, seguire una sorta di intima e segreta, cioè interna, corrispondenza che permetta di superare un limite. Superficialità, invece, è non voler pensare, sbrigarsela via in fretta, quindi fermarsi al limite. Intrappolarsi, fingendosi liberi. Allora occorre che il cuore abbia un punto di forza, un affetto, un trampolino di lancio. Una frase, in questi giorni di festa, è risuonata e ha portato speranza, potente aggancio verso il futuro: “A Dio nulla è impossibile”. È il segreto della fede e della ragione. Della fede, come ci mostra Maria, Madre di Dio Santissima, che attendeva il Messia e si sente di dire che attraverso di lei l’Atteso entrerà nel suo popolo. Della ragione, come possibilità ultima che essa si salvi, cioè si conservi nella sua ragionevolezza, nella corrispondenza al cuore, e non si sclerotizzi in un razionalismo che la priva della luce spirituale. Nonostante ci si scambi gli auguri di buon anno, se c’è qualcosa che sembra impossibile oggi, è il cambiamento, la possibilità che le cose vadano diversamente e la fatica della vita sia meno cupa. Nei discorsi del tempo di Natale, Benedetto XVI ha invitato ad assumersi una personale responsabilità nei confronti dell’attuale crisi economica globale. Non basta mettere toppe nuove su un vestito vecchio, ha detto. Siamo disposti a leggere la crisi non solo come un’emergenza, ma come una sfida per il futuro? Siamo disposti a rivedere il modello di sviluppo dominante? “Lo esigono più ancora che le difficoltà finanziarie, lo stato di salute del pianeta e soprattutto la crisi culturale e morale, i cui sintomi sono evidenti in ogni parte del mondo”. Come dargli torto? Per questo, ha ripetuto ai giovani di non avere paura, li ha invitati ad assumere uno stile di vita che non segua l’edonismo corrente; ha ribadito che la società ha bisogno di cittadini che non si preoccupino solo dei propri interessi, altrimenti il mondo va in rovina. Dove trovare la forza? Occorre che la memoria torni a ciò che ha destato il cuore, che ha infuso coraggio, perciò speranza. È la presenza di Cristo, un dono che, ha detto il Papa, dobbiamo saper condividere con tutti. Questa Presenza rende gli auguri “affidabili”, perché ancorati all’Incarnazione del Verbo di Dio che porta una “redenzione spirituale, ma che coinvolge interamente l’umano, comprendendo anche la dimensione sociale e storica”. Con la grazia di Cristo, l’uomo “è capace di operare una rivoluzione pacifica, non ideologica ma spirituale, non utopistica ma reale, per questo bisognosa di infinita pazienza: la via della maturazione della responsabilità nelle coscienze”. Un problema di educazione, che porta a rivedere il concetto di povertà. Dio è nato, ha vissuto ed è morto povero. Perché? Per amore. Riscoprire la povertà come stile di vita sobrio e solidale, che cerca l’uguaglianza perché non ci sia chi ha troppo e chi non possiede niente, è “opus iustitiae”, fattore di giustizia e di pace per amore di Dio, di sé e dell’altro. Buon anno!