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Ideologia e speranza

Fonte:
CulturaCattolica.it

“Sembra quasi che l’uomo si sia stancato della propria libertà spirituale e che sia pronto a rinunciarvi in nome di una forza che organizzi la sua vita interiormente ed esteriormente”.* Un giudizio provocante, tragicamente attuale per il nostro tempo. Immagini di protesta giunte da alcune piazze italiane, dove ragazzine sedute per terra bloccano il traffico e bambini, con cartelloni appesi al collo, sfilano gridando slogan inventati dagli adulti che li hanno portati a manifestare, costringono a riflettere sulla gravità del momento che stiamo vivendo. Avvolti nel fumo dell’ideologia “dell’essere contro a tutti i costi”, non si vuole accettare che per cambiare occorre lealtà e realismo, saper riconoscere il buono e correggere gli estremismi. A vantaggio del famoso e del tutto trascurato “bene comune”. La storia ha conosciuto proteste cariche di dignità morale e spirituale. Mi tornano alla mente le immagini di una bella mostra fotografica sulla “Primavera di Praga”. La città invasa dalle truppe russe, i carri armati nelle strade e la popolazione disarmata che osserva e domanda: “perché siete qui?”. Una ragazza parla con un soldato sul carro armato, venuto a cercare un nemico che non trova, dei ribelli che non combattono. I due si erano conosciuti tempo prima e lei, che abita nella bella Praga, gli spiega il desiderio di libertà del suo popolo. Lui si accorge dell’errore a cui l’ha portato l’ideologia di un potere spietato in cui è assente qualsiasi considerazione per la libertà dell’uomo. E si spara. Decide per un riscatto tragico della sua persona. Vittima di un’ideologia che fino a quel momento aveva servito inconsapevolmente, compie l’estrema disperata ribellione. Sono trascorsi 30 anni dal quel 1968, travagliato per tutta l’Europa. Non abbiamo ancora imparato che l’ideologia è una gabbia che blocca la realtà, la restringe fino a schiacciarla per eliminare l’elemento di disturbo. Uccide la libertà spirituale, uniforma gli individui in una massa anonima. Dobbiamo riprenderci la nostra libertà spirituale, accorgerci di quello che accade nel mondo. Sulla stampa non fa notizia il disastro umanitario che si sta compiendo nella regione del Nord Kivu, coperto da interessi economici. Gli operatori di un’organizzazione internazionale no profit, AVSI, hanno fatto conoscere la storia di Cyprien, un congolese che nel 1997 perse moglie e figli in una strage compiuta dai miliziani. 12 anni di guerra. Oggi Cyprien lavora come agronomo e si trova spesso ad avere a che fare con chi gli ha fatto violenza. Dirige il lavoro dei contadini affinchè, nonostante la guerra, riescano a seminare i campi per assicurare nutrimento a chi sopravviverà al conflitto. Lavora per dare speranza. Mercoledì Benedetto XVI ha fatto proprio il grido “Vieni Gesù” con cui si chiude l’Apocalisse. Non perché venga la fine del mondo, ma perché l’uomo trovi speranza. Vieni Signore! Vieni nel tuo modo, nei modi che Tu conosci; vieni nei campi profughi, nel Darfur, nel Nord Kivu; vieni dove domina la droga; vieni anche nei nostri cuori e rinnova il nostro vivere perché noi stessi possiamo divenire luce di Dio. Abbiamo bisogno di speranza.

* (N. Berdjaev, Pensieri controcorrente, La Casa di Matriona, Milano 2007, p. 47).

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