Letture dantesche
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Ci sono tanti motivi per leggere Dante, così come possono essercene altri per non leggerlo. È evidente. Ogni gesto, in quanto umano, richiede la libertà. Usare la libertà dovrebbe essere sempre un gesto di amore, magari goffo, non di rivolta o di opposizione. Chi si impegna in campo educativo lo sa bene. Dire di no a richieste o atteggiamenti non ragionevoli significa impegnare la libertà per il bene dell’altro, non per contraddire. È un amore che si esprime, in forme diverse, un amore per la verità e la libertà stessa. La Divina Commedia è un poema nato per raccontare ciò che è accaduto “nel mezzo del cammin di nostra vita”. Dante non dice “mia vita”, ma “nostra”: ci coinvolge nell’avventura, prendendosi una libertà nei nostri confronti. A noi tocca decidere come rispondere alla sua libertà. Tra pochi giorni inizia, in San Pietro in ciel d’oro, un ciclo di Letture dantesche. Si legge il Paradiso, la cantica più bella ma più difficile e meno nota. L’intenzione dei promotori non è “fare erudizione”, ma comunicare la cultura che ha generato la Commedia: il cristianesimo. È la speranza cristiana che il compimento della vita è possibile, è possibile vedere Dio, il Mistero che fa tutte le cose. Dante immagina di raggiungere il suo Destino di felicità attraverso un viaggio nei tre regni: Inferno, Purgatorio, Paradiso. Un viaggio mistico alla cui definizione concorre tutto il portato dottrinale, teologico e filosofico della cultura e della tradizione cristiana dei secoli passati fino al suo tempo. Guarda alla vita e alla morte dal punto di vista della Rivelazione, per scoprire, nell’ultimo canto del Paradiso, che l’immagine di Dio contiene la sua immagine, Dio “contiene” l’uomo e vedere Dio equivale a giungere alla conoscenza totale di sé. In questo percorso in cui ragione e fede procedono unite, Dante arriva a “toccare” il nostro presente su una necessità cui ha accennato il Papa nell’Angelus del 2 novembre. “E’ necessario anche oggi evangelizzare la realtà della morte e della vita eterna, realtà particolarmente soggette a credenze superstiziose e a sincretismi, perché la verità cristiana non rischi di mischiarsi con mitologie di vario genere”. Nel Paradiso Dante si ciba del “pan de li angeli”, la sapienza divina, di cui in terra si dispone poco, che è, al contempo, condizione per comprendere la cantica. Per seguirlo nell’ascesa al cielo occorre, infatti, avere conoscenza di quel pane degli angeli che è Dio, fatto uomo in Gesù, come ha detto San Tommaso, perché anche l’uomo potesse cibarsene. Seguire il viaggio di Dante è un aiuto per guardare alle cose della terra con una prospettiva spalancata all’infinito. Nulla è destinato a perdersi, ogni cosa anela alla sua verità, “tendono alla chiarità le cose oscure”, diceva Montale che tanto amava Dante. Nella Commedia ci è offerta una luce che illumina lo sguardo e il cuore.
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