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Ironia

Fonte:
CulturaCattolica.it

Qualche giorno fa La Stampa riportava la notizia di una pubblicità affissa sugli autobus di Londra. “Dio probabilmente non esiste, quindi smettila di preoccuparti e goditi la vita”. La campagna, ad opera di associazione atee, ha raccolto offerte record. La presenza dell’avverbio, “probabilmente”, è fondamentale. Neppure la più accanita campagna di ateismo, con tanto di raccolta fondi, può affermare assolutamente che Dio non esiste. Infatti la frase è costruita su un dubbio. Non è certo che Dio non esista, è solo probabile. In una cultura che ha esaltato il dubbio sistematico fino a considerarlo espressione di estrema razionalità, questa affermazione acquista un carattere dogmatico nel momento in cui da essa si fa ricadere un imperativo etico, comportamentale. Non preoccuparti e divertiti. Bisognerebbe almeno conoscere la percentuale di probabilità della non esistenza di Dio. Il suo valore potrebbe essere anche dello 0,01%. Pertanto si correrebbe un grande rischio e si abbandonerebbe una posizione di dubbio, quindi si diventerebbe in qualche modo irrazionali. Fahrenheit 451 è un bellissimo romanzo ambientato nel XXIV sec. in America, dove una società dittatoriale proibisce la lettura. Non bisogna pensare, riflettere, le coscienze devono essere addormentate, così che, come dice un protagonista del romanzo, “La vita diventa un’immensa cicalata senza costrutto, tutto diviene un’interiezione sonora e vuota”. La felicità che tutti ricercano è ridotta a piacere e ai più “svariati titillamenti”. Pensare e leggere tolgono la serenità. Meglio bruciare tutti i libri. E’ la stessa logica dello slogan di Londra. L’antico adagio del “carpe diem” è superato da una visione cupa dove neppure la nostalgia trova posto. Fantascienza, si dirà. Ci sentiamo così estranei a questo pericolo di obnubilamento? Nel migliore dei casi avvertiamo un disagio in un mondo che ci vuole appiattiti sulla materialità del vivere, raramente siamo in grado di dare “le ragioni della nostra speranza”. In questo senso aveva ragione lo scorso editoriale di questo giornale che auspicava una consapevolezza culturale del mondo laico. Che non è un progetto, ma la traduzione della fede in giudizio consapevole fondato sulla presenza di Cristo vivo nella storia. Meno male che c’è la Fides et Ratio di Giovanni Paolo II, “di perdurante attualità”, e meno male che c’è la Chiesa a difendere la ragione, a dare fiducia all’uomo. Sottrarre la ragione dalla ricerca della verità ultima delle cose per limitarla e soddisfarla dentro l’ambito della verità contingente delle leggi di natura, come dice il Papa, porta alla separazione di Fede e Ragione. Questo non giova né alla fede né alla scienza. “E’ la fede che provoca la ragione a uscire da ogni isolamento e a rischiare volentieri per tutto ciò che è bello, buono e vero. La fede si fa così avvocato convinto e convincente della ragione” (n.56). Se non fosse così tanto varrebbe divertirsi e godere.

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