La follia Campana delle Università
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De Giovanni: sono stati creati tanti feudi culturali distinti
Ma i tagli per risparmiare vanno effettuati dov'è giusto
NAPOLI — L'ultima lezione, una sorta di saluto, agli studenti del corso di Integrazione europea da lui fortemente voluto, l'ha tenuta a giugno. Ora è un professore senza cattedra, ma l'Università resta il suo grande amore insieme agli studenti per il futuro dei quali, però, vede nero: «Questa generazione rischia di andare al macero».
Il filosofo Biagio De Giovanni, non può starsene con le mani in mano mentre la casa brucia.
«Come Spinoza cerco di afferrare la ratio dei comportamenti, ma è impresa ardua perché le condizioni drammatiche in cui versa l'Università discendono dall'assenza di politica che ha accompagnato tutti i governi».
La conclusione, dunque, è: tutti hanno colpe quindi nessuno ha colpa?
«Ponzio Pilato non abita dalle mie parti. Le responsabilità sono di tutti, ma vivadio sono ben scandite».
Cominciamo dall'anatema di Silvio Berlusconi. Quarant'anni fa si regolò allo stesso modo il ministro dell'Interno Paolo Emilio Taviani e scoppiò il '68. Ci risiamo?
«È stato un grossolano errore politico. Conoscendo l'uomo potrei dire che la minaccia di inviare la polizia nelle scuole è una sorta di estremizzazione di se stesso. Sono così forte e sicuro di me, tutto mi è concesso. Di primo acchito questo ho pensato, poi, come sempre mi accade quando mi tocca ragionare dei comportamenti di Berlusconi, mi sono chiesto se c'è o ci fa come dicono a Roma. Penso che sia vera la seconda che ho detto: il cavaliere ha inviato messaggi e ha sparigliato le carte».
Parliamone.«Beh, è facile. La minaccia ha innanzitutto provocato spaccature nel movimento indebolendolo e ha messo allarme tra i rettori e i presidi: se consentite le occupazioni siete automaticamente fuorilegge e vi mando la polizia. Non sarà sfuggito che immediatamente dopo molte scuole hanno chiuso per evitare le occupazioni. Berlusconi quello voleva. Un ultimo messaggio, poi, lo ha inviato a quella parte di opinione pubblica, che è larghissima maggioranza, stufa di subire da anni da chi protesta: sto con voi, ha inteso dire il premier, e metto in mora chi si oppone allo Stato».
Errata corrige allora: il cavaliere non ha sbagliato.
«No, l'errore resta perchè questa tecnica paga se l'avversario è una corporazione che teme di perdere i privilegi acquisiti — mettiamo i giudici, gli avvocati, i medici, i giornalisti — ma gli si ritorce contro come un boomerang se l'avversario è la massa studentesca che non ha niente da perdere: con loro il gioco non funziona».
Come giudica la reazione del mondo della scuola e dell'opposizione?
«Si ripete una storia nota, quando la risposta è il blocco delle lezioni si commette un errore uguale e contrapposto a quello del governo che ha rifiutato il confronto e ha imposto il suo volere. Mette tristezza, poi, che in qualche modo la situazione sia precipitata per preparare meglio la manifestazione di sabato e recuperare un ruolo forte al Pd. Chi capisce non accetta ipotesi di questo tipo».
E la protesta vista da Napoli?
«Ho apprezza le dichiarazioni di Amedeo Di Maio, preside di Scienze politiche che ha tentato di esorcizzare l'occupazione che, però, è già scattata. Sono solidale con i miei colleghi sulla impossibilità di poter gestire i corsi senza avere neanche i soldi per gli stipendi. Altro che eccellenze, il confronto con gli altri paesi europei ci vede perdenti su tutti i fronti. Ma anche qui qualche rilievo è giusto farlo».
Quale?«Ognuno ha voluto la sua Università, il suo feudo culturale, ed abbiamo assistito ad una folle moltiplicazione di spese. Il caso-Campania è esemplare: sette atenei generalisti è una follia gestionale ma anche un macroscopico errore didattico. Nelle condizioni di indigenza in cui versano le sette sorelle campane sono solo contenitori generici. Ma come si fa a tornare indietro? Chi accetta di perdere il feudo?».
Altro grande tema è l'eccesso dei tagli imposti.
«La logica del tremontismo è da respingere perché non vale dire c'è da tagliare e allora taglio. È vero, la scuola e l'Università rischiano di annegare in un mare di sprechi, ma la cura non è quella proposta».
Cosa bisognerebbe fare?
«Bisogna tagliare dove è giusto farlo e chi conosce come stanno le cose sa bene che in questo modo si potrebbe risparmiare più degli otto miliardi di euro previsti, ma chi si prende carico di portare un discorso come questo. È passato, invece, il teorema: decreto più polizia e occupazione più caos uguale disgregazione totale. Le istituzioni, voglio dire, anche nel 2008 si sono sedute sulle contraddizioni come si fece nel '68: conviene a tutti».
Professore, un'ultima domanda: salva qualcosa della Gelmini?
«Salvo soprattutto il ritorno al maestro unico per le elementari. A cinque-sei anni serve un insegnamento unitario; più maestri significano più linguaggi e più culture che si incrociano e fanno male al bambino-studente».