Intervista al regista Rezo Chkheidze
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La prima mondiale del film “La candela dalla tomba del Signore” del regista georgiano Rezo Chkheidze fu presentata al cineforum “Il paladino d’oro”. Rezo nasce nel 1926 nella città di Kutausi. Il padre scrittore venne arrestato e fucilato nel 1937. Il suo film più famoso è considerato “Il padre del soldato” (1964); seguono “Tuo figlio, terra” (1980) e “La candela dalla tomba del Signore” ((2008). La strada dell’eroe dell’ultimo film che ha portato a piedi fino in Georgia una candela accesa il giorno di Pasqua alla tomba del Signore è anche la strada che il regista ha dovuto percorrere per più di sette anni per poter giungere alla proiezione del film.
(Si tenga presente che l’intervista è del 30 maggio 2008)
D. Rezo Davidovich il nuovo film georgiano – russo è venuto alla luce faticosamente …
R. Se i film tardano ad uscire non è per pigrizia, ma per mancanza di soldi.
D. Come giudica il diluvio di telefilm di massa e, in genere, la produzione cinematografica russa?
R. Attraverso la televisione il popolo dovrebbe crescere spiritualmente. L’impressione che si ottiene è terribile. Immaginiamo di rivedere fra 20 anni i film che vediamo oggi. Penso che la gente giudicherebbe che i registi dovrebbero essere processati. Se un nemico volesse farci del male non potrebbe scegliere qualche cosa di peggiore sia per lo stato che per il popolo di questi film.
Se leggiamo la nuova produzione letteraria occidentale, se guardiamo i film occidentali, troviamo del materiale serio, almeno in certi libri e in certi film. Da noi (nello spazio postsovietico) nell’arte domina l’aspetto commerciale. Nell’ambito della cinematografia e della televisione si è creata una situazione terribile. Sembra che tutto sia a livello del mondo animale.
D. E’ possibile cambiare la situazione?
R. Il mondo ha bisogno di essere risanato. Intendo dire il mondo come sistema di vita. Intere generazioni russe del passato possedevano nel loro carattere una tipica caratteristica che si esprimeva in un sentimento particolare verso la Patria, un sentimento di amore che troviamo per esempio in Pushkin e Tolstoj. Ora nell’arte si nota un disinteresse per i problemi etici, fondamentali per impostare la vita.
Sta nelle forze dell’arte autentica il saper risanare l’anima umana. Il globo terrestre è fatto in modo che gli uomini, con i loro peccati, possano affrettarne la fine; ma nello stesso tempo gli uomini sono in grado di sistemare benevolmente ogni situazione. In questo ultimo caso l’iceberg si ritira.
D. Come è nato il film “La candela dalla tomba del Signore”?
R. Un amico mi portò il racconto dello scrittore svedese S. Lagerlef. E noi abbiamo subito incominciato a preparare lo scenario. In verità nella fonte letteraria l’azione si svolge nella Firenze del secolo XII, mentre noi l’abbiamo trasferita nella Georgia d’oggi. Nell’originale il cavaliere porta la candela accesa dalla Terra Santa, nella nostra versione l’attore va al Festival del cinema a Gerusalemme lui pure accende la candela alla tomba del Signore.
C’è Dio, c’è l’uomo e c’è anche la terra. Spesso accade che la volontà di Dio non sia completamente conosciuta dall’uomo e da tutto il popolo. Dobbiamo tendere alla sinergia fra l’uomo e Dio. E questo succede quando l’energia dell’uomo e l’energia di Dio si muovono verso la stessa direzione. Quando questo accade si ottiene una grande vittoria.
Secondo il mio parere la tragedia di Stalin sta nel fatto che egli diresse la sua colossale energia contro la volontà di Dio. Lo stesso vale per la sconfitta della Germania nella seconda guerra mondiale. La loro perversa idea fin dall’inizio era destinata al fallimento perché era contro Dio.
Ho voluto presentare questa lotta del bene contro il male nel film “La candela dalla tomba del Signore”. L’eroe principale e l’eroina sono persone giovani che iniziano la loro vita. Il loro primo incontro e il manifestarsi di una reciproca simpatia avviene fra le impalcature di una chiesa che intendono restaurare. Mi sono servito del restauro per inculcare l’idea del rinnovamento, della trasfigurazione. Le riprese furono fatte nel villaggio di Timotesubani dove esiste una chiesa del secolo XII, mentre il deserto lo abbiamo ripreso in Egitto.
Il nostro film è un racconto, una parabola. L’eroe si chiama Luka Bagrationi, nome che appartiene alla dinastia imperiale. Alla Georgia si pone il problema di fondo: l’unica vera via. A me sembra che questa via sia la monarchia costituzionale. Penso che il popolo scelga questa via. La Russia è un paese ortodosso e noi dobbiamo trovare su questa comune base un’affinità più profonda.
Quando nel film si spegne la candela del nostro eroe ed egli non sa che fare per conservare il fuoco, improvvisamente si ode l’inno di Pasqua: la processione pasquale prende inizio da una chiesa russa. Persone di diversa provenienza si raccolgono attorno a Luka e gli offrono le proprie candele …
D. Georgiani e russi nel film si incontrano con buone intenzioni …
R. In Georgia ci fu una certa donna russa, Eka Privalova, che si occupava di restauro, proveniva dallo Studio scientifico degli affreschi georgiani. Il suo prototipo nel film è Lidija Fedoseeva Pushkina.
D. I rapporti fra russi e georgiani si debilitano a causa dei contrasti politici?
R. I rapporti con i russi non sono mutati. El’dar Rjazanov è andato recentemente in Georgia. E’ un grande artista. Lo riconobbero per strada, lo abbracciarono. L’arte russa è tenuta in grande stima dai georgiani. Nei russi c’è un aspetto di cui voi non vi date conto: i russi, voi, siete un popolo che non ama star seduto e dirigere. Molti russi di valore vissero in Russia come sconosciuti. L’uomo russo, nella città georgiana, occupava un posto umile e tranquillo … La letteratura russa ed il teatro sono molto amati … Ma, devo dirlo, cresce fra noi una certa mentalità che neppure voi potete vivere senza la Georgia.