Protagonisti
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“Per un giorno di simpatia umana” è il titolo di un incontro proposto all’interno della manifestazione del “Meeting per l’amicizia fra i popoli” sul tema “O PROTAGONISTI O NESSUNO”. Si è parlato di Cesare Pavese, drammaticamente scomparso 50 anni fa. Un uomo che ha ricercato per sé qualcosa che lo liberasse dall’angoscia esistenziale che riempiva il suo animo. Non trovarlo è stata la sua infelicità, insopportabile fino al punto di rinunciare a vivere. A chi frequenta il Meeting, accade di scoprire che questa “simpatia umana” è la cifra di ogni giornata trascorsa tra i padiglioni della fiera, nelle sale delle conferenze o tra i tavoli della ristorazione. Non c’è possibilità di estraneità, di “male di vivere”. È la positività del protagonista, cioè di chi prende sul serio il proprio destino e l’incontro che per grazia gli è stato donato con il cristianesimo, cioè con un fatto una Persona, Gesù Cristo, come ci ripete Benedetto XVI. Esempi di protagonismo sono stati offerti dal mondo delle carceri, da un’Africa straziata dalle guerre tribali e dalla piaga del virus dell’HIV, dalla missione di giovani sacerdoti in tutto il mondo. Nel messaggio inviato a nome del Santo Padre, il cardinal Bertone pone questo interrogativo: “Che cosa dà un volto all’uomo?” Quindi, in cosa consiste la felicità? “Il compimento dell’umano è la conoscenza di Dio, da cui ogni persona è stata creata e a cui tende con ogni fibra del proprio essere. Per conseguire questo, non serve né fama né successo presso le folle”. Analogamente, Rose, infermiera professionale in Uganda, che ha creato l’International Meeting Point dove donne sieropositive ritrovano speranza per affrontare la malattia, ha affermato: “Ciò che può dare valore a tutta la nostra libertà è qualcosa di più grande, un rapporto. Un io che appartiene diviene protagonista perché ha un volto.” La scoperta di chi rinasce in un incontro in cui si sente amato è che Dio ha il volto di chi gli è vicino, di chi gli ha offerto una spalla su cui posare il capo come Gesù con l’apostolo Giovanni, di chi gli ha ridato speranza, la linfa della vita. Così Vicky, malata come il suo bambino di HIV, oggi può affermare: “Io non morirò schiava del virus, perché ho imparato a dire sì alla croce che devo portare. Ora so che Rose e gli altri amici del movimento sono con me e non mancherò al mio compito”. Il compito della vita: dire sì a Dio, nelle circostanze in cui ci troviamo, cioè vivere liberi, da protagonisti perché amati.