Meeting di Rimini, il percorso continua
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Il meeting di Rimini è un’occasione unica a livello europeo, occasione di incontro, confronto, di riflessione, è un evento che offre a chi è attento e desideroso di non fare assopire mai la sua umanità, occasione per confrontarsi con le testimonianze ascoltate e con gli argomenti affrontati, non solo in quella settimana ma, anche durante tutto l’anno.
C’è un momento magico in cui mi piace guardare al meeting ed è il sabato, il giorno che precede l’inizio della kermesse riminese.
Quest’anno ho fatto un giro tra i padiglioni con la mia macchina fotografica ad immortalare attimi e volti.
I volontari che dipingono gli ultimi pannelli, i ristoranti quasi pronti ad aprire i battenti, la mostra sul carcere in fase di ultimazione con lo staff impegnato negli ultimi ritocchi al cancello rosso, nei giorni successivi avrei avuto modo di sentir ripetere più volte che "non si sono mai viste tante persone fare la fila per entrare in carcere".
C’è un fermento che mette di buon’umore, che smantella il disfattismo respirato durante l’anno, i discorsi sui giovani senza ideali, sugli adulti incapaci di educare, sul nichilismo e sulla noia che devasta la società.
Ebbene, tutto vero, ma c’è un luogo dove si sperimenta che è possibile altro, che l’uomo è capace di cose belle e grandi. Qui 4000 volontari dicono con il loro impegno che c’è anche l’altra Italia, ci sono altri giovani, altri adulti, oltre a quelli che la cronaca ci racconta.
I volontari con le loro divise colorate sistemano le piante e spazzano i pavimenti, li guardo, somigliano ai miei figli e non posso fare a meno di pensare che se fosse la loro madre a chiedergli di passare l’aspirapolvere risponderebbero: “si, dopo”, procrastinando a un tempo indefinito l’incombenza.
Invece qui si danno da fare, un gruppetto lavora e canta, spingono un cassonetto giallo della spazzatura, su un divanetto due sonnecchiano, li sveglia il flash della mia macchina fotografica – no, ci ha fotografato mentre dormivamo, abbiamo lavorato sino a un momento fa – si giustificano e ridono.
Entro nella penombra dello spazio dedicato alla mostra su Solgenizyn, i pannelli della mostra non sono ancora appesi, sono in attesa posati a terra, ne leggo alcuni e prendo appunti, per non dimenticare quello che c’è scritto, quello che quell’uomo ha vissuto e scritto...
I suoi taccuini, la sua cartella, il numero che stava cucito sulla sua uniforme nel campo di concentramento, dettagli che raccontano una storia, la vita di un uomo morto qualche giorno fa a 90 anni, che ha vissuto da protagonista.
Proseguo il mio vagabondare e mi imbatto in alcuni vagoni di un treno che invece che in stazione, sostano davanti alla grande libreria, una ragazza pulisce i vetri di questo bestione scintillante, mentre gli elettricisti armeggiano attorno ad alcuni cavi.
La libreria è quasi pronta, mi piacerebbe avere un grosso conto in banca per poter comperare tutti i libri che mi piacciono o che mi incuriosiscono, per poter pensare ad ogni amico e regalargli il “suo” libro.
La moquette è ancora coperta dai cellophane, c’è fermento, sudore e sorrisi, il giorno seguente, e tutte le mattine sino al termine del Meeting quando la canzone di Chieffo annuncerà che si inizia tutto sarà magicamente pronto:“quando uno ha il cuore buono, non ha più paura di niente, è felice d’ogni cosa vuole amare solamente”.
Anche quest’anno il Meeting è stata l’occasione per ascoltare “protagonisti” della quotidianità, persone che hanno saputo rispondere in prima persona a ciò che la realtà chiedeva loro, senza un progetto, oserei dire con docilità.
Come Vicky malata di AIDS che si è lasciata conquistare da Rose sino a ritrovare la sua umanità tra i malati di AIDS di Kampala, Cleuza e Marcos Zerbini tra i senza terra di San Paolo che hanno compreso come per cambiare il mondo bisogna cambiare se stessi, padre Aldo Trento ad Asunción, Rosetta Brambilla a Belo Horizonte, suor Elvira e Margherite Barankitse, persone che hanno detto si alla modalità spesso tragica con cui la realtà si è fatta loro incontro e dal loro si sono scaturite storie incredibili, frutti inaspettati.
Poi c’è come sempre la politica, si è parlato di scuola, di giustizia, di federalismo e poi si è parlato di impresa, c’è stato spazio per la buona cucina e per la buona musica, insomma, ogni anno dico ai miei amici che il meeting non si può raccontare, bisogna attraversarlo, guardare in faccia la gente, le guide che accompagnano gruppi di visitatori alle mostre, o giovani che ascoltano Dante, penso che molti studenti dovrebbero poter assaporare il meeting, forse anche leopardi diverrebbe loro “amico”, raccontato con entusiasmo e passione dai loro coetanei.
Dimenticavo, nel 2007 il Meeting era dedicato alla Verità come destino dell'uomo, nell’edizione appena conclusa “protagonisti o nessuno”, diceva il titolo, con la trentesima edizione che si svolgerà dal 23 al 29 agosto 2009 con il titolo «La conoscenza è sempre un avvenimento» il percorso continua.