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Il voto in condotta

Autore:
Turroni, Paola
Fonte:
CulturaCattolica.it
Pubblichiamo questo contributo al dibattito sui cambiamenti in programma per l’esperienza scolastica: non si tratta di sminuire l’importanza della valutazione del comportamento, ma di situarla in un orizzonte di autentica educazione, proprio perché acquisisca una reale efficacia e non si collochi nel novero delle famigerate e sterili “grida manzoniane”.

La Scuola ha sicuramente bisogno di essere oggetto di dibattito e di rinnovamento legislativo. Ben vengano dunque proposte, decreti, rilanci e cambiamenti. Gli obiettivi che hanno spinto il ministro Gelmini a determinare le nuove coordinate del sistema scolastico sono meritevoli. Ma credo che ci sia un errore di prospettiva, o una semplificazione eccessiva del problema. Dare un valore fondante al voto in condotta è come mettere la polvere sotto il tappeto. L’essere promossi o bocciati non fa reale differenza per i ragazzi. La minaccia della bocciatura in sostanza, non è una minaccia efficace.
Sempre che abbia un minimo di senso la minaccia come progetto educativo, è chiaro che la meritocrazia viene percepita come costruttiva solo all’interno di un sistema corretto, autorevole, portatore di valori e di messaggi. La conquista seria della promozione diventa una sfida se si parte da un minimo di voglia di imparare, di confrontarsi, di migliorarsi. La promozione oggi non ha nessun valore aggiunto concreto, nessun reale significato di valorizzazione. Ritengo che nessuno dei ragazzi che possano considerarsi da sette o sei in condotta abbia la volontà o la determinazione necessarie per cambiare atteggiamento o modalità relazionale solo in base al destino di fine anno.
Perché quella volontà e determinazione nasce da una famiglia e insegnanti che ne trasmettano il significato e la fatica attraverso l’incoraggiamento, l’ascolto, la condivisione, la responsabilità. Tutte pratiche educative che se mancano, mancano indipendentemente dal tipo di voti istituiti. Tutto questo per dire che se prima non si interviene sul metodo educativo sostanziale, sulla costruzione di progetti didattici che coinvolgano a un diverso livello insegnanti e genitori, sulla valorizzazione anche economica e sociale degli insegnanti stessi, rischia di cadere nel vuoto qualsiasi riforma.
Certo, una scuola severa, preferibilmente molto severa, rigorosa e faticosa è necessaria per dare un riferimento forte ai giovani e ai bambini. Ma pensare di risolvere il profondo disagio sociale, umano ed esistenziale che sta dietro il bullismo, il vuoto relazionale, la povertà intellettuale, con un voto in condotta è semplificatorio, se non addirittura ingenuo. Di fronte a una disperata e violenta richiesta di aiuto (che è violenta proprio perché è ancora lontana dalla consapevolezza di essere una richiesta di aiuto) quale è il disastro che stanno vivendo i ragazzi, non serve a niente un voto. Perché quel voto ha senso solo se pieno di un significato, se è un paletto distintivo all’interno di un paesaggio che descrive la trasmissione di un sapere e una visione del mondo. In questo momento è vuoto, e loro lo sanno benissimo.

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