Ci siamo. Tanto tuonò che piovve
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Ricordate l’ultimo articolo dal titolo «Trattato di Lisbona “si”, Carta del diritti fondamentali “no”» pubblicato su questo sito il 2 luglio scorso? Ciò che paventavamo ha iniziato ad avverarsi. Ancora peggio di quello che abbiamo scongiurato con i DICO del Ministro Bindi e di Prodi, ha iniziato ad infiltrarsi in Italia.
Certamente avete letto di quella coppia di ottuagenari omosessuali, insieme da 40 anni e uniti in Francia con il PAC; trasferitisi in Italia, uno è morto investito da un auto. L’Assicurazione ha riconosciuto al superstite il ruolo di «prossimo congiunto.» Andrea Acquarone ha commentato su “Il Giornale”: «I diritti del vedovo stavolta sono stati tutelati come se si fosse trattato di una famiglia tradizionale.» La decisione è stata presa dall’Assicurazione, certa dell’esito di una eventuale controversia giudiziaria. Mi sbaglierò, anzi spero di sbagliarmi, ma temo che questo sia l’inizio: attraverso la giurisprudenza internazionale, attraverso il principio del riconoscimento dei diritti acquisiti per i cittadini europei che cambiano Stato di residenza, in Italia dovranno progressivamente essere “rispettate” tutte le norme in tema di aborto, divorzio, diritto di famiglia sia “etero” che “omosessuale”, eutanasia. Ossia quei principi fondamentali che fanno la cultura e la civiltà di un popolo, non saranno più adottati da noi, ma li importeremo!
A parte le scelte fondamentali che questi temi richiedono, la novità è che non saremo più noi a decidere in base alla nostra cultura, alla nostra storia, alle nostre tradizioni; non solo ci verranno imposte, ma dovremo uniformarci - attenti - non alle legislazioni più diffuse, ma, sui singoli argomenti, alle legislazioni più permissive; sia le legislazione olandese, o belga, o spagnola, e così via. Ma che modo è questo di abdicare alle proprie caratteristiche ed alle proprie scelte?
Da che cosa tutto questo pessimismo? Dal fatto che un ramo del nostro Parlamento ha ratificato il Trattato di Lisbona senza nulla eccepire circa l’obbligatorietà della “Carta dei diritti fondamentali”, un documento ambiguo e aperto a molte interpretazioni, e senza porre vincoli all’indiscriminata ingerenza di procedure illegittime.
A proposito della “Carta”: si promulga il diritto inviolabile alla vita, mentre sulla base della stessa “Carta” si afferma di dover garantire la libertà della donna di abortire.
Quali garanzie e salvaguardie i nostri Politici pensano di adottare e proporre all’Europa? Il coro degli europeisti ripete che il Trattato è necessario per il funzionamento delle Istituzioni comunitarie: vero, ma tutto il resto? Non tutti gli Stati europei sono così supini: Regno Unito e Polonia hanno detto che la “Carta” e la normativa da essa derivante non potranno prevalere sulle loro rispettive Legislazioni; altri, non da ora, propugnatori dei testi più europeisti, poi non li applicano in casa propria.
Non si vuole sollevare la sacrosanta eccezione della “Carta”? Almeno si prendano le distanze e si mettano le mani avanti circa il caparbio miope rifiuto nel non voler riconoscere l’unica vera matrice unificante i popoli europei (le conseguenze negative sono sotto gli occhi di tutti): cioè la cultura giudaico cristiana innestatasi su quella greco romana che è tuttora condivisa da larghi strati delle popolazioni; il tentativo di legiferare surrettiziamente e la traboccante invadenza della burocrazia di Bruxelles.
Tre referendum popolari, tre solenni bocciature. Basta con la posizione che dice la gente non ha capito, non ci siamo spiegati bene.
Tra l’altro questo è il principale argomento per scegliere l’iter della ratifica per via parlamentare: oltre all’evidenza che i Deputati e i Senatori sono i nostri rappresentanti, si tratta di materia molto complessa che deve essere lasciata a specialisti. Tutti i nostri 1000 parlamentari hanno approfondito il Trattato e i suoi numerosi allegati che una squadra di giuristi e costituzionalisti ha impiegato tre mesi ad interpretare?
Non scherziamo: qui c’è in gioco davvero molto!