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Tempo di esami: e chi pensa agli educatori?

Autore:
Bruschi, Franco
Fonte:
CulturaCattolica.it
Al Ministro della P.I. e a tutti quelli che hanno a cuore l'educazione e la scuola.

In tempo di esami e di fine anno scolastico tutti parlano della scuola: tracce della maturità sbagliate, contenenti errori grossolani, percentuali altissime di studenti non promossi o con esami a settembre. Il ministro si affretta a dire: cambierò l'esame di maturità e le tracce del tema di italiano, ci saranno più soldi per i corsi di recupero, l'anno scolastico durerà di più.
Uno intanto legge gli elaborati di italiano della maturità e si accorge della estrema povertà di idee, della mancanza di capacità di giudizio, delle gravi difficoltà comunicative di questi ragazzi.
Basterà cambiare l'esame di maturità, fare più corsi di recupero, allungare l'anno scolastico, rendere la scuola più severa, selettiva? Tutto questo servirà a far crescere degli uomini, stupiti dalla bellezza, ricchi di desideri e domande, capaci di giudicare la realtà, di dare un senso alla vita, di dare un apporto significativo alla costruzione della civiltà? Come sempre, da anni a questa parte, il grande assente quando si parla di scuola è il soggetto che educa, ci si dimentica una cosa semplicissima: che la scuola fondamentalmente altro non è che l'incontro fra un desiderio, una domanda dei ragazzi e l'ipotesi di una risposta vissuta dall'insegnante.
L'unica questione seria è: ma gli adulti hanno ancora qualcosa da comunicare, da proporre ai giovani? E chi educa gli educatori? Perchè io posso comunicare ai ragazzi solamente qualcosa che mi appassiona, mi affascina, che dà senso alla mia vita, solo così si impegneranno anche nell'apprendimento di quelle nozioni e di quegli strumenti necessari alla fatica per la scoperta del reale.
Sarebbe bello se agli esami di stato, oltre a qualche studente preparato, si potessero incontrare degli uomini e delle donne mature, che sanno il perchè di tutto quello che hanno studiato.
Ma allora, caro ministro della P.I., il problema non è l'ennesima risistemazione della struttura e del funzionamento della scuola, cambiando quello che hanno fatto i precedenti ministri (storia già vista!), ma rimettere al centro delle riforma della scuola il soggetto che in essa opera, cominciando da un serio e programmatico ascolto di quei soggetti (e non sono pochi) che in questi anni di grave crisi della scuola, non hanno rinunciato ad educare, cercando di rendere nuova, significativa per sé e per i propri alunni ogni ora di scuola. Ci potrà essere una scuola nuova, capace di educare di interessare i ragazzi, di dare un contributo alla soluzione di quella che il Papa chiama 'emergenza educativa', solo se si porrà a tema il problema del soggetto che educa, tutti gli altri interventi sono da considerarsi complementari. A meno di continuare ad illudere la gente che l'ennesimo ritocco degli esami di stato o del calendario scolastico costituiscano la soluzione dell'annoso problema della scuola. Vogliamo, finalmente, scommettere su quel manipolo di educatori che ancora considerano l'insegnamento il più bel lavoro del mondo?

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