Condividi:

Europa: la temiamo o la vogliamo ospitale?

Fonte:
CulturaCattolica.it
A seguito dell’articolo «Dopo il “NO” irlandese momento difficile per l’Europa» pubblicato, qui su CulturaCattolica.it sabato 14 giugno, avendo ricevuto non poche telefonate e soprattutto e-mail, volentieri cerco di rispondere a richieste ed obiezioni, se don Gabriele Mangiarotti riterrà di pubblicare queste note.

Vi prego però di lasciarmi comunicare un’impressione amara provata venerdì sera vedendo ed ascoltando il TG2: prima notizia il pareggio della nazionale agli europei, circa 10 minuti (per un telegiornale un’eternità) poi la politica interna, poi le “morti bianche” - giusto - poi altre notizie di cronaca italiana (nera e rosa,... non ricordo) quindi, dopo oltre venti minuti, la notizia del “no” irlandese, seguita da un’inquadratura del Presidente Barroso mentre il cronista riferiva la Sua dichiarazione circa la necessità di continuare con le ratifiche. Un amico giornalista ha detto che la scaletta dei TG e dei GR rispecchia gli interessi degli ascoltatori rilevati in base agli indici di ascolto. Interessi, aggiungo io, alimentati anche dai media. Non so se proprio così, sarà, ma allora non lamentiamoci se il nostro Paese sta accingendosi a ratificare il Trattato di Lisbona per via parlamentare, dopo che un altro Paese dell’Unione lo ha respinto, nell’indifferenza generale;... in fondo si tratta solo del nostro futuro, e soprattutto del destino dei nostri figli!

Ma ora le risposte, se ne sono capace, alle domande ed alle obiezioni ricevute, che raggrupperei così:

Che cosa è il Trattato di Lisbona? Ricordiamo tutti, credo, che il documento varato dalla Convenzione europea presieduta da Giscard d’Estaing, dopo un anno di lavoro, la bozza di Trattato costituzionale firmato solennemente a Roma dai 27 Paesi membri, in fase di ratifica è stato respinto da due Paesi, Francia e Olanda, chiamati ad esprimersi con referendum popolare. Decaduto questo documento, le regole di funzionamento dell’Unione continuavano ad essere quelle del trattato di Nizza del febbraio 2001, quando l’Unione europea era di 15 Stati membri. Non sfugge a nessuno che così la vita delle Istituzioni è macchinosa e spesso inconcludente, che il metodo per assumere decisioni è farraginoso e spesso inefficace, lasciando spazio ad iniziative autonome ed incontrollate di Funzionari faziosi. Dopo un lungo periodo di indecisioni ed incertezze e quattro anni di faticose trattative si è giunti a formalizzare un nuovo Trattato assai più snello del precedente, che è stato sottoscritto dai Capi di Stato e di Governo di 27 Paesi in occasione di una Conferenza intergovernativa svoltasi a Lisbona nel dicembre del 2007. Non è un documento semplice perché frutto di un faticoso compromesso tra Paesi grandi e piccoli, tra esigenze a volte contrastanti, tra culture differenti; compromesso raggiunto anche grazie al forte impegno personale del Canceliere tedesco, la signora Angela Merkel. Molto più breve del precedente trattato costituzionale riguarda essenzialmente le regole di funzionamento dell’UE, il metodi per assumere le decisioni, e le materie non più soggette all’unanimità. Volendo contrastare l’idea di Europa super - stato che si sovrappone e prevale sugli Stati membri, sono stati ad esempio eliminati la bandiera, l’inno e la festa europea. Il Trattato fa esplicito riferimento alla Carta dei diritti fondamentali, rendendola vincolante per i Paesi che avendolo sottoscritto ratificheranno il Trattato; posizione alla quale si sono opposte Inghilterra e Polonia, dichiarando che la Carta non prevarrà sulle rispettive Legislazioni nazionali.

La Carta dei diritti fondamentali, proclamata nel dicembre 2000, si compone di 54 articoli suddivisi in sette capitoli: Dignità, Libertà, Uguaglianza, Solidarietà, Cittadinanza, Giustizia e Disposizioni finali. Oltre a ritenerlo un testo ambiguo perché volutamente consente interpretazioni diverse ed a volte antitetiche, come molti autorevoli Osservatori anch’io ritengo che non se ne sentisse in alcun modo la necessità, perché ai nostri fondamenti costituzionali e giuridici era sufficiente la Dichiarazione universale dei diritti umani, proclamata solennemente dall’ONU nel dicembre del 1948; documento storico, prodotto sull’onda dell’indignazione per le atrocità commesse durante la seconda guerra mondiale; la Dichiarazione fa parte dei documenti di base delle Nazioni Unite.

Perché il mancato rispetto delle religioni, e del cristianesimo in particolare, sarebbe una causa non secondaria del fallimento dell’Europa? Credo per due ragioni fondamentali. Nelle diverse Istituzioni dell’Unione, spessissimo si afferma che la presenza di diverse culture è la ricchezza dell’Europa, e quindi vanno preservate e protette, in particolare quelle delle minoranze. Affermazione credo più che condivisibile. Ma allora vanno preservate e protette tutte: se una viene osteggiata e si cerca di impedirle di concorrere, alla pari con le altre, alla determinazione del bene comune, allora la posizione è falsa, ed è orientata alla discriminazione e alla marginalizzazione di ciò che non si condivide, e quindi porta alla disgregazione. Mi permetto notare che coloro che più avversano di fatto la libertà di religione, di pensiero e di manifestazione del pensiero, sono proprio quelli che accusano i cristiani di discriminazione quasi sempre per motivi totalmente infondati.
Credo però che ci sia un’altra ragione ancor più decisiva. Che cosa è l’Europa? Che cosa definisce l’Europa? Geograficamente sappiamo che la si definisce come una penisola dell’immensa Asia.
In senso geografico, oltre che geologico, l’Europa è una penisola, parte occidentale dell’Eurasia. Il nome Europa viene dal greco, significa “grandi occhi”, ed è una figura della mitologia. I cretesi chiamarono Europa le terre a nord della loro isola, e in epoca greca e romana era un termine geografico indefinito, una terra a nord del Mediterraneo di cui non si conoscevano i confini settentrionali.

Da questo punto di vista diventa quindi difficile individuare e definire una specificità continentale. Sono comunque terre abitate da popolazioni diverse per razza, tradizioni e storia. Difficile, se non arbitrario, perciò anche parlare di identità etnica, di etnia europea. Ma allora che cosa contraddistingue quella realtà che convenzionalmente chiamiamo “Europa”? La cultura che l’ha unificata; e non vi è dubbio alcuno che dall’Atlantico agli Urali, dal Mediterraneo all’oceano Artico, sia la cultura cristiana che si è innestata sulla cultura greco romana. Dalla penisola iberica alle steppe della Russia, dalla Grecia alla Scandinavia questo è ciò che nei secoli ha consolidato l’identità europea. Se non ci fosse questa storia e questa cultura resterebbe solo una triste storia, di guerre di rivalità e di tentativi egemonici, di violenze inaudite. La cultura cristiana ha costruito nei secoli l’Europa di oggi - questo è un fatto, non un’opinione - e ha dato all’Europa quell’idea di uomo, di dignità dell’uomo, che i Paesi in via di sviluppo, oggi ci chiedono di esportare, di portare loro (!): e lo chiedono all’Europa e non ad altre realtà o ad altri popoli; per questo guardano con speranza all’unità europea! Ma se si trascura, o se si pretende di annullare la cultura cristiana cosa resta dell’Europa. Nel migliore dei casi un’area di mercanti, fin quando resteranno in pace tra loro. Piaccia o no, questa è la verità riscontrabile, verificabile. Basta ripercorrere la storia, e leggere l’attualità.
Perché questo attacco alla Chiesa cattolica? Non ho dubbi: perché è la voce più autorevole e popolare che contrasta la deriva relativista, che riafferma l’esistenza di una verità da proporre a tutti senza imporla a nessuno, a cui fare riferimento per un’ordinata convivenza civile nel rispetto reciproco. Ma questo è contrario al concetto di « quel che pare e piace », oggi dominante, e quindi va zittito e combattuto. Sua Eccellenza Monsignor Luigi Negri lo ha ribadito recentemente in modo efficacissimo:
Troverete tanto odio perché l’uomo in questo tempo ha una terribile volontà di odio verso Cristo e verso la Chiesa: dalla banalizzazione dei grandi suggerimenti morali, all’attacco indiscriminato alla vita, alla dignità, al diritto che gli uomini hanno di vivere in modo dignitoso, libero e intelligente. Tutto questo è sotto tiro: la società si vanta di stare compiendo l’ultimo e più blasfemo tentativo di negare la presenza di Cristo e la tradizione che da Cristo ha influito nella vita del nostro popolo... Siate baldanzosi, non per la vostra forza, ma baldanzosi in colui e per colui che vi dà forza... chiedete alla Madonna che vi aiuti a fare questo miracolo, come in qualche modo ha aiutato suo Figlio a fare il miracolo.

Michele mi ha scritto: Io l’Europa non la voglio. Non questa. Smettete anche voi cattolici di rammaricarvi, di parlare di giorno triste per l’Europa. Ma che gioco fate?
Grazie per il messaggio molto franco e sentito.
Anch’io questa Europa non la voglio: voglio l’Europa di De Gasperi, di Adenauer e di Schumann. Voglio l’Europa: percorrendo a ritroso la storia prima del 1948 quando si trovano oltre sessant’anni di pace? Quando? Questi, ed altri, sono fatti non opinioni. Supponendo che si debba sempre agire di rimessa e non prendere in mano il proprio destino cercando di costruirlo come lo si vorrebbe, siamo sicuri che richiudendoci nel nostro angolo di mondo saremmo al sicuro? Non ha mai verificato che molte forze dichiaratamente ostili alla Chiesa, sventolando il falso alibi della laicità e della tolleranza, hanno smesso di combattere platealmente la Chiesa in Italia, perché lo stanno facendo in Europa? Se ci richiudessimo, secondo Lei starebbero buoni? Secondo Lei saremmo al riparo dai tentativi di azzeramento dei “principi non negoziabili”? Io non lo credo: i tentativi, oltre che dall’Europa, dove continuerebbero ugualmente, riprenderebbero con maggior forza anche da casa nostra, dall’Italia. E allora? « Voi siete nel mondo, ma non siete del mondo.» Siamo nel mondo, che non è più solo l’Italia, è molto più grande, e non bisogna aver paura. Forse per troppo tempo, per motivi che meriterebbero approfondimento, abbiamo giocato di rimessa, in difesa; perché non prendere l’iniziativa, ben sapendo che abbiamo una visione giusta da proporre: ignorarla abbiamo visto dove ha portato sin qui. Perché stigmatizzare Zapatero, e non invece impedire che Zapatero esporti in Europa le distorsioni che ha procurato al suo Paese, che sono un male oggettivo per l’uomo perché sono contrarie alla verità, che non imponiamo a nessuno, ma che c’è e noi la diciamo con chiarezza. Siamo nel mondo; ma questo non vuol dire che dobbiamo restarci da ingenui, ma con sano realismo, pur rivolgendo altrove la nostra speranza proprio perché non siamo del mondo. A solo titolo di esempio: dovremmo “pianificare” l’inserimento di persone affidabili nelle Istituzioni, come altri fanno! Accettiamo senza paura ciò che di bene e di vero c’è nelle altre culture, ma offriamo senza riserve, con la forza dell’evidenza, ciò che sappiamo esserci di buono e di vero nella nostra visione dell’uomo e della società. Il vero problema sono quelle semplici parole - con la forza dell’evidenza - dobbiamo imparare a rendere ragione della nostra speranza. A renderla evidente e ragionevole all’uomo di oggi. Senza illusioni, ricordando ciò che ha detto Mons. Negri, ma anche senza reticenze o alibi; non possiamo rinunciare a dire con umiltà, ma con fermezza la buona notizia, la “buona novella”. non possiamo rinunciare né in Italia né in Europa.

Vai a "Ultime news"