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Dopo il «no» irlandese momento difficile per l’Europa

Fonte:
CulturaCattolica.it

Ormai, sono le 16 di venerdì 13 giugno, è ufficiale: l’Irlanda, l’unico Stato europeo che ha effettuato un referendum popolare, ha negato la ratifica al Trattato di Lisbona, che avrebbe dovuto regolare la vita dell’Unione ad iniziare dal gennaio 2009, dopo la bocciatura della Costituzione varata dalla Convenzione presieduta da Giscard d’Estaing.

È un giorno triste per l’Europa; difficile dire ora cosa accadrà. Ancora ieri sera il Primo Ministro francese François Fillon, ha dichiarato che non esiste un piano “B”. Un’alternativa viabile.
La dichiarazione odierna del Presidente Nicolas Sarkozy, che ha rinviato la dichiarazione congiunta franco-tedesca a risultati acquisiti, può lasciar intendere che venga riesumata la teoria dell’Europa “a due velocità”, con il rischio reale di considerarla soprattutto un’area di libero scambio: la temuta Europa dei mercanti, temuta perché svilisce l’ideale dell’Europa dei popoli dei Padri fondatori e dei grandi uomini che hanno coltivato la stessa speranza.

Ma di chi la colpa? Certo la realtà è complessa: si dice ad esempio che gli Irlandesi abbiano temuto soprattutto la fine della tradizionale neutralità della loro Nazione. Può darsi.

Ma è ora di chiamare le cose con il proprio nome: certamente gran parte della responsabilità è di coloro che hanno deciso di fondare l’Europa su di una reticenza, o se si preferisce su di una menzogna, negando l’evidenza delle «radici cristiane». Giovanni Paolo II° spesso ha detto che l’Europa sarà cristiana o non sarà. Negando la verità evidente, e negando dignità e diritto di presenza, alla pari delle altre, alla cultura che è l’esito di quelle radici, si sta agendo perché l’Europa non sia! Tra gli altri, ricordo l’alterigia (per non dire il disprezzo) con cui Valdo Spini ha bocciato la proposta.

Ricordo le espressioni di vittoria con cui si è salutata la bocciatura di un Candidato Commissario, perché cattolico. E non si venga a dire che altri cristiani fanno parte della Commissione: Buttiglione era diventato un simbolo da abbattere, e ricordo il compiacimento forzatamente misurato di Lilli Gruber e Michele Santoro, nonostante che due inglesi, il laburista Richard Corbett, e il liberal democratico Andrew Duff, riconoscessero che si era commesso un gravissimo errore, giudicando un uomo per le sue idee e non per i suoi programmi, comportamento contrario alla Carta dei diritti fondamentali.

Ricordo quando si è accusato Benedetto XVI° di fornire il supporto culturale ai discriminatori degli omosessuali, quando si è derisa la posizione di non pochi Deputati a proposito del finanziamento della ricerca sulle cellule staminali embrionali. Quando, durante i negoziati per l’adesione, si è tollerato che alcuni Funzionari “negoziatori” facessero indebite pressioni sulla Polonia perché modificasse la propria legislazione sull’aborto.

Quando gli Intergruppi Gay e Lesbiche organizzano Convegni al parlamento europeo per dichiarare che le Chiese organizzate, cioè soprattutto quella cattolica, praticano il totalitarismo culturale.

Questo non è lo sfogo di un cristiano deluso, è la lucida individuazione di una delle cause che ha reso invisa l’Unione a parte dei cittadini europei. Si afferma a parole che la ricchezza dell’Europa è la ricchezza delle culture, ma si agisce perché una di queste sia zittita e messa in condizione di non contare nulla. La falsità della posizione lascia l’amaro in bocca anche a molti non cattolici!

Noi cattolici vogliamo l’Europa, un’Europa libera e democratica, senza padroni, né Paesi padroni, né ideologie padrone e vessatorie verso altre culture, per questo più volte ho lanciato un appello perché il Governo, Camera e Senato italiani che hanno iniziato la procedura parlamentare, ratifichino il Trattato di Lisbona, ma non la Carta dei diritti fondamentali, ambiguo documento espressione di quella cultura del sopruso sopra descritta.

La scelta irlandese non sarà né indolore, né senza conseguenze, ma mi auguro che i nostri politici cattolici abbiano uno scatto d’orgoglio europeista, per l’Europa dei popoli libera e realmente democratica, e quindi anche in questo difficile momento non gettino la spugna dando un contributo forse decisivo, perché l’Italia non getti la spugna e dia un contributo decisivo per riprendere, sia pure faticosamente, la strada di De Gasperi Adenauer e Schumann, rimediando ai tanti, troppi errori compiuti.

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