I liceali. Noi non siamo come loro
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Noi non siamo come loro.
Dicono ragazzi e professori del liceo classico Terenzio Mamiani di Roma, che hanno affittato la loro scuola al set de - I Liceali -, in onda su Canale 5.
Hanno guadagnato 10mila euro, spesi per rimettere a nuovo il laboratorio di informatica, ma quando hanno visto la fiction non si sono riconosciuti, i ragazzi e i 60 professori si sono sentiti offesi.
Ecco allora una bella lettera al Corriere della sera, per protestare scrivono:
“La fiction veicola una visione dei comportamenti della scuola non in linea con le finalità civili ed educative che codesto Liceo ha sempre perseguito e persegue, offrendo della scuola italiana in toto un quadro completamente distorto e non coerente con chi nella scuola opera”
Protestano contro una sceneggiatura nella quale il preside (l'attore Gigio Alberti) intrattiene una relazione con un'insegnante, gli studenti appaiono sfaccendati, si riprendono con la videocamera mentre fanno sesso e il video circola sui telefonini di tutti, e la professoressa interpretata da Claudia Pandolfi fuma uno spinello durante la gita scolastica.
Si sono offesi? Non si sono riconosciuti in quei comportamenti? Questo vuol dire che grazie a Dio non tutti i licei sono uguali, buon per loro, del resto nella fiction il liceo si chiama COLONNA, non Mamiani.
Ma purtroppo, per molti aspetti la fiction si avvicina al vero.
Perché ci sono istituti, dove i professori entrano in classe sventolando denaro contante davanti al naso degli alunni, lo fanno per spronarli a studiare a diventare qualcuno? Forse, ma intanto loro fanno grandi assenze per seguire la LIBERA professione e trattano la scuola come qualcosa che serve a raggiungere la pensione.
Ci sono licei dove l’insegnate è stata chiusa nell’armadio di classe, per gioco s’intende, solo per pochi secondi che diamine…
Ci sono insegnanti che si ammalano sempre il venerdì o gravemente dopo le vacanze pasquali, tanto da essere impossibilitati a tornare dal paese natio in cui erano andati a passare le feste.
Che fare?
Nulla, non si fa nulla, si è vittime di una sorta di fatalismo, va così…
Nella fiction c’è un solo bidello, in alcuni licei ci sono 6 bidelli per piano, vendono focacce all’intervallo, fanno la maglia e le parole crociate, hanno un ruolo di sorveglianza, e non aprono tutti i bagni all’intervallo, altrimenti i ragazzi li usano e a loro tocca pulire.
Sia chiaro, - I Liceali – è pur sempre tv, quindi una realtà raccontata spesso per stereotipi, i ricchi sono di solito ignoranti e arroganti, i poveri buoni e volenterosi, nella realtà si sa, la divisione non è così netta e scontata, Ma questa è una fiction, una specie di condensato dei malesseri della scuola Italiana, che porta a galla aspetti della vita scolastica non molto lontani dal vero, vi si riconoscono episodi di cronaca che tutti conosciamo, per tanto stiamo attenti a negare l’evidenza.
Si salva il protagonista, Antonio Cinerino, un professore di lettere trasferito da un Istituto Tecnico di provincia (Roccasecca) al Liceo Colonna di Roma a causa di una domanda di trasferimento fatta molti anni prima e caduta nel dimenticatoio della burocrazia scolastica.
Il professore - vedovo - e sua figlia Elena, vengono rappresentati come l’emblema di un provincialismo buono, un po’ ingenuo, che ancora ha in sé la passione educativa, non so se davvero è così.
Credo che la scuola sia malata in città e in provincia, che si trovino insegnanti motivati sia in città che in provincia, come quelli fannulloni, ma i primi non vengano valorizzati, non si premia la fatica e il merito, e al ai secondi non si chiede conto del loro operato.
Intanto, il consiglio d’istituto del liceo Mamiani, metterà ai voti se concedere o meno la scuola come set cinematografico per la prossima serie de I liceali, del resto in passato la scuola è già stata concessa come set per per L’innocente di Luchino Visconti, Profondo Rossodi Dario Argento e Come te nessuno mai dell’ex alunno Muccino.
Scelgano liberamente, ma set o non set, certa scuola italiana somiglia spesso a quella de - I liceali.
Non ci resta che sperare che venga il momento in cui gli insegnanti tornino ad amare il proprio lavoro e a pretendere rispetto per esso, in cui siano liberati dalla burocrazia che li costringe a compilare moduli, il momento in cui i dirigenti scolastici possano premiare coloro che lo meritano e scegliersi il personale docente.
La nostra scuola che è precipitata al fondo delle classifiche ha bisogno di riscoprire l’onore di studiare e di insegnare, perché a dirla con Seneca "Mentre s'insegna s'impara."
Basterebbe questo per fare con entusiasmo il proprio lavoro.