Condividi:

Da Haiti ci scrivono

Suor Marcella missionaria italiana, ad Haiti da poco più di un anno ci scrive, e le sue parole sono il segno di un lavoro che stiamo facendo insieme, ognuno con la sua vocazione, nel luogo in cui è stato messo, rispondendo alla realtà che incontra, siamo noi a doverla ringraziare, perchè ci ricorda con le sue parole che siamo operai della stessa Messe.

Carissimo don Gabriele e carissimi amici di Cultura Cattolica,
nel ringraziarvi per il servizio che fate e l'aiuto che siete in modo particolare per noi lontani che siamo attraverso chi come voi si espone in un giudizio intelligente sulla realtà, aiutati a conitnuare a camminare con il popolo cristiano anche quaggiù dalla prima linea, volevo dirvi come mi abbia confortato e confermato l'articolo riguardo l'esposizione del corpo incorrotto di Padre Pio.
Sono una missionaria italiana ad Haiti da poco più di un anno. Haiti un paese dove la dignità dell'uomo non esiste, cancellata e calpestata dall'ideologia che fa della violenza l'unico metodo e dell'interesse personale l'unico scopo.
Qui l'esperienza della morte ci tocca tutti i giorni e soprattutto della morte senza dignità: ad Haiti neanche il morire ha dignità ed i corpi non trovano pace neanche dopo morti. Solitamente i morti vengono abbandonati per le strade perchè il funerale costa troppo. Così ogni mattina vengono raccolti e portati nella "morgue" le terribili celle frigorifere dell'ospedale generale di Port au Prince.
Io e padre Rick, un sacerdote americano con cui lavoro, entriamo per la prima volta nella morgue un anno fa, cercando i corpi di due bimbe della baraccopoli uccise da colpi vaganti negli scontri tra militari e bande armate. La scena è terrificante: corpi nudi, in parte decomposti, in posizioni innaturali, in mezzo a liquidi di ogni tipo...centinaia, e centinaia e centinaia...
Troviamo le nostre due bambine e paghiamo centinaia di dollari per riaverle e preghiamo, preghiamo, in mezzo a tanto orrore solo la parola "Cristo" ha un senso.
Torniamo a casa in silenzio col dolore negli occhi e nel cuore per una dignità negata anche nella morte. Ed allora decidiamo che questa realtà provoca la nostra vita ad una risposta, chiede una risposta, chiede che io faccia i conti con la dignità negata di Haiti. E così cominciamo: ogni giovedì mattina partiamo con quattro camioncini diretti alla morgue. Ogni giovedì portiamo via 200 bambini e 15 adulti. Preghiamo prima, padre Rick con la stola, l'acqua benedetta e l'incenso spesso si deve interrompere perchè lo stomaco non lo sostiene. Con noi una decina di ragazzoni haitiani, i ragazzi del padre Rick, che non capiscono perchè perdiamo tempo con i morti. Poi uno per uno deponiamo i corpi nelle bare di cartone che facciamo, li copriamo con un telo bianco "Gli angeli ti accompagnino in Paradiso" c'è scritto sopra. Prima di chiudere la bara, metto un rosario, certezza di quell'ultima grande compagnia che ridà dignità alla vita: la Madonna che accoglierà questi suoi figli in Paradiso. E poi via, verso la brulla terra fuori città dove sono state preparate le fosse e dove ai compie il rito funebre.
Molti non capiscono e ci chiedono perchè sprecare tempo e soldi per dei morti quando si potrebbe aiutare dei vivi.
Io ho un ambulatorio pediatrico in una bidonville di 37.000 persone. Ogni mattina trovo ad aspettarmi 70-80 bimbi ammalati. Il giovedì l'ambulatorio resta chiuso... scandalo per molti "turisti" delle missioni che con il loro buonismo ti fanno notare che per dei morti non apro a 80 bimbi vivi.
Ma per noi a cui la Chiesa insegna la dignità dell'uomo è proprio evidente la ragione per cui continuare ogni giovedì mattina ad andare alla Morgue: la "preoccupazione educativa" della Chiesa come dite ha sempre avuto al centro il rispetto dell'uomo ed allora noi saremmo meno uomini se cercassimo di dimenticare come si muore ad Haiti.

Grazie per la conferma che siete per noi che La strada è quella giusta un grande abbraccio e buon lavoro

suor Marcella - francescana

Vai a "Ultime news"