L’olio sulle ferite
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È il suggestivo titolo di un congresso internazionale promosso dal Pontificio istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia, Una risposta alle piaghe dell’aborto e del divorzio. Benedetto XVI è intervenuto per ricordare il compito della Chiesa, il dovere primario nei confronti di quelle persone segnate da tali piaghe: annunciare la vicinanza misericordiosa di Dio in Gesù Cristo. Amore, delicatezza, premura e attenzione materna, sono i termini che ricorrono nel discorso del Papa. La Chiesa si piega sui dolori degli adulti e sull’innocente sofferenza dei bambini, offre una spalla, non una semplice consolazione, ma un amore responsabile che svela la paternità di Dio proprio nel momento in cui chiede il riconoscimento di “colpe gravi”, quali aborto e divorzio. Sono in aumento le situazione di desolazione e di solitudine, complice un individualismo che mortifica l’esigenza intima di donazione di sé, generosa e consapevole, e un edonismo che sacrifica un’idea della vita come progetto e compito a favore del conseguimento, tanto immediato quanto labile, di una soddisfazione. A questa mentalità è sottesa una mancanza di ragione sia perché rinuncia alla conoscenza dell’ antropologia della persona nella sua globalità (e la ragione è esigenza di conoscenza totale, non frammentaria), sia perché sviluppa un pensiero debole, privo di orizzonte, che lascia vuoti e sfiniti, senza energia intellettuale e vitale. Mi ritorna alla mente Péguy nel piccolo poema “Cinque preghiere nella cattedrale di Chartres”. Profondamente cattolico, sposò una donna atea che non permise il battesimo dei figli. Visse pertanto nel “portico”, lo spazio antistante alla chiesa, dove si raccoglievano proprio coloro che chiedevano di abbracciare il cristianesimo. Da lì interpretò il dramma del suo tempo, che è anche il nostro, di non riuscire a liberarsi del sospetto su Gesù Cristo. Un sospetto che allontana l’uomo da Dio e lo condanna all’infelicità. In Péguy non si trova mai l’esposizione di una dottrina, ma la descrizione commossa e stupita di situazioni umane vissute da Gesù e da sua Madre Maria che diventano specchio della condizione di tutti gli uomini. Nel poema si susseguono le immagini, la Chiesa viene presentata come luogo materno, regale, in cui le contraddizioni dolorose si sciolgono e si ritrova la pace.
“O Regina, ecco, dopo la lunga via,
Prima di riandare per quel cammino,
Il solo asilo nel cavo della vostra mano
E il giardino dove l’anima si schiude.
Ecco il pilastro e la volta che si alza;
E l’oblio di ieri, e l’oblio di domani
E l’inutilità dei calcoli umani;
E più che il peccato la saggezza in rovina.
Ecco il luogo dove tutto diviene facile,
Il rimpianto, la partenza e anche l’evento,
E l’addio temporaneo e anche la separazione,
Il solo angolo della terra dove tutto si fa docile…
Ciò che dappertutto altrove è legame
Qui non è che una fedele e nobile appartenenza;
Ciò che dappertutto altrove è costrizione
Qui non è che stare nella vostra casa”.
Non è forse questo che desideriamo?