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Un raggio del fuoco della bellezza

Autore:
Pompei, Michele
Fonte:
CulturaCattolica.it

Un raggio del fuoco della “Bellezza che salverà il mondo” ha scaldato il cuore di coloro che domenica 6 aprile hanno partecipato a Roma all’incontro, promosso dall’Associazione Culturale “Paola Bernabei”, con Suor Maria Gloria Riva, Fabio Cavallari e Magdi Cristiano Allam, per la presentazione del libro “Volti e stupore - Uomini feriti dalla Bellezza”.

Mi sono sentito rappresentato anch’io come uno degli uomini figli del nostro tempo, che Magdi, Fabio e Suor Gloria hanno tracciato. Cioè un uomo frammentato, che vive di segmenti, che rincorre fini e interessi immediati. Uomo del lunedì, dell’orario di ufficio, del lavoro opprimente o vissuto febbrilmente come occasione di potere, e poi delle sei del pomeriggio, del tempo libero, del week end o delle vacanze (da cui si torna, di norma, ancora più annoiati e delusi), e ancora dell’estraneità, dell’incapacità di amare e costruire rapporti significativi e duraturi oltre lo spazio di un’emozione o di un complice interesse. E mi è tornata in mente una poesia del poeta sovietico Evtusenko:

In stracarichi tranvai
accaldandoci insieme,
dimenandoci insieme,
insieme barcolliamo. Uguali ci rende
una uguale stanchezza.
Di quando in quando c’inghiotte
il metrò,
poi dalla bocca fumosa ci risputa il metrò.
Per incerte strade, tra vortici bianchi
camminiamo, uomini accanto a uomini.
I nostri fiati si mescolano tra loro,
si scambiano e si confondono le orme.
Dalle tasche tiriamo fuori il tabacco,
mugoliamo qualche canzonetta di moda.
Urtandoci coi gomiti
diciamo “scusa” o non diciamo niente.

Oppure quest’altra terribile (terribile pur nella sua bellezza e potenza espressiva) poesia-canzone, scritta nel 1971, dal poeta brasiliano Chico Barque de Hollanda, che si intitola, con un macabro paradosso, “Costruzione”:

Quella volta amò come se fosse l’ultima
Baciò la donna sua come se fosse l’ultima
Ed ogni figlio suo come se fosse l’unico
E attraversò la strada col suo passo timido
Salì sull’impalcatura come se fosse macchina
Eresse nella piattaforma quattro mura solide
Mattone su mattone in un disegno magico
Gli occhi induriti di cemento e lacrime
Sedette a riposare come se fosse sabato
Mangiò riso e fagioli come fosse un principe
Bevve e singhiozzò come se fosse un naufrago
Ballò e canticchiò come chi ascolta musica
Ed inciampò nel cielo come fosse alcolico
E fluttuò nell’aria aria come fosse un passero
A terra poi finì come un sacchetto flaccido
Agonizzò in mezzo al marciapiede pubblico
Morendo contromano intralcio per il traffico.

Quella volta amò come se fosse l’ultimo
Baciò la donna sua come se fosse l’unica
E ogni figlio suo come se fosse il prodigo
E attraversò la strada col suo passo alcolico
Salì l’impalcatura come fosse un solido
Eresse nella piattaforma quattro mura magiche
Mattone su mattone in un disegno logico
Con gli occhi induriti di cemento e traffico
Sedette a riposare come fosse un principe
Mangiò riso e fagioli come fosse il massimo
Bevve e singhiozzò come se fosse macchina
Ballò e canticchiò come se fosse il prossimo
Ed inciampò nel cielo come chi ascolta musica
E fluttuò nell’aria come fosse sabato
A terra poi finì come un sacchetto timido
Agonizzò in mezzo al marciapiede naufrago
Morendo contromano intralcio per il pubblico.

Quella volta amò come se fosse macchina
La donna sua baciò come se fosse logico
Eresse nella piattaforma quattro mura flaccide
Sedette a riposare come fosse un passero
Fluttuò nell’aria come fosse un principe
A terra poi finì come un sacchetto alcolico
Morendo contromano intralcio per il sabato.

Non è un’esagerazione. Tanti uomini che ci circondano, che ci sfiorano, e spesso anche noi, viviamo così. Nel non senso, nella solitudine atroce, nell’alienazione e nello smarrimento. E perciò nell’impossibilità dolorosa o distratta di riconoscere una positività del reale e perciò incapaci di costruire.
A questo uomo che in qualche modo ci rappresenta, domenica è stata offerta l’esperienza di una bellezza e di una verità umana che ha il sapore e lo spessore dell’eterno, di qualcosa che non si deteriora, che non muta, che non perde la sua forza di attrattiva con il trascorrere dei giorni, che non viene meno. E’ stata evidente e palpabile per tutti i presenti la forza e l’attrattiva irresistibile di una Bellezza, che si è resa visibile attraverso la concretezza dell’ esperienza personale e di un’amicizia fatta di parole, di gesti, di sguardi e di immagini che, a partire dai relatori, si è irradiata ed ha investito l’animo di coloro che ascoltavano. Dopo l’incontro e anche il giorno dopo ho parlato con tanti amici presenti, che mi hanno confermato lo stupore e l’eccezionalità di questo incontro.
L’esperienza di verità umana di Fabio, il suo amore al reale oltre ogni preconcetto, il suo fidarsi (come ha detto) di questi suoi amici anche quando il rapporto con loro lo “costringe” a riconoscere un Oltre, un Mistero come dato, come fattore reale e ineliminabile, è un insegnamento impressionante, direi innanzitutto e soprattutto per chi è credente.
Magdi Cristiano, innanzitutto con il suo esserci - con una discrezione ed un’attenzione agli amici che lo affiancavano così espressive del suo animo quanto la forza sofferta e invincibile delle sue parole - ha reso evidente quale sia per lui il centro affettivo e di riferimento dei valori che difende e testimonia, e a questo ha fatto esplicito riferimento nel suo intervento, invitandoci all’ascolto.
Suor Gloria mi ha trafitto ancora (ma posso dirlo anche di tanti amici presenti) con una scintilla del fuoco che le incendia il cuore e che si rivela nello sguardo e nel sorriso prima ancora che nelle parole. Parole così intense e vere che rivelano, che rendono presente Colui di cui parlano, anche se parla di un quadro, di una storia qualunque. Che Lo fanno accadere, riaccadere ogni volta che l’ascolto.
Per questo, non abbiamo assistito ad una conferenza, ma ad un evento in presa diretta, all’avvenimento di una Bellezza presente che ci ha investiti e ridestati.

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