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Desiderio di un nuovo '68? No, grazie

Fonte:
CulturaCattolica.it

Scrive Vittorio Bonanni su Liberazione giornale comunista, a proposito della celebrazione dell’anniversario dei fatti accaduti a Valle Giulia, dove il primo marzo del 1968 si scontrarono studenti e polizia: “Si respira di nuovo aria di 68 a Roma e proprio in uno dei luoghi della memoria di quel periodo, dove quarant'anni fa ci fu il primo epico scontro tra gli studenti e la polizia. Stiamo parlando naturalmente di Valle Giulia, dove si trova la facoltà di architettura. A ricordare quegli anni "straordinari" è stato ieri, in un'aula magna gremitissima, un protagonista di quella fase storica, proprio colui che definì quegli anni irripetibili, appunto "straordinari".
Quel Mario Capanna insomma autore di - Il Sessantotto al futuro - un libro che tenta di coniugare quel passato così pieno di scommesse con un futuro che ha ancora tanto bisogno di ripetere esperienze di quel tipo”.


Queste parole mi hanno fatto venire i brividi.
Quel passato sarà stato pieno di scommesse, ma dovremmo chiederci quante di queste scommesse sono state perse, e non mi pare si senta il bisogno di ripetere l’esperienza di quegli anni.
Il ’68 e gli anni a seguire li ricordo con disagio, ero una ragazzina e quando tornavo da scuola, si accendeva la tv per vedere a chi era toccato stavolta, chi era morto o chi era stato gambizzato, perché c’era la paura dell’orrore che sembrava divenuto parte integrante del vivere. Ricordo i discorsi dei miei genitori, lo smarrimento per questa guerra civile che noi vivevamo a distanza, stavamo in provincia, l’università ci sembrava lontana, le battaglie tra studenti e polizia che la tv in bianco e nero portava nelle nostre case ci apparivano senza alcun senso.

Credo che queste celebrazioni dovrebbero servire a fare un serio e onesto bilancio, la nostalgia per la giovinezza perduta non può esimerci dall’onestà di riconoscere che quel cambiamento è costato troppo caro, e che il metodo con cui è stato messo in atto ha prodotto frutti dolorosi.

A distanza di quarant’anni si dovrebbe guardare al passato con maggiore realismo, avendo sotto gli occhi i risultati i di quella rivoluzione civile che ha raso al suolo la tradizione con la pretesa di creare un nuovo mondo.

Un esercizio facile, anche grazie ad internet è quello di vedere chi erano i giovani sulle barricate e che ruolo ricoprono oggi nella società, per capire dove li ha portati la rivoluzione.

Nel frattempo mentre molti di loro vivono di nostalgia, dirigono giornali, tengono lezioni in università, o si presentano alle elezioni come capilista, la nostra società ha assoluto bisogno di ripartire dall'educazione, dal rispetto per il bene comune, per quei valori che sono fondamentali per l'uomo, senza i quali costruire un futuro "umano" che risponda al desiderio di bene di ogni uomo risulta davvero anacronistico.

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